Dopo tre anni di disordini e crisi politica, la nomina del successore del presidente Macky Sall al Palazzo della repubblica di Dakar, in Senegal, è avvenuta molto rapidamente. La sera del 24 marzo lo spoglio dei voti è cominciato non appena i seggi hanno chiuso. Subito sono usciti i primi risultati. Le proiezioni erano in ampia misura favorevoli a Bassirou Diomaye Faye, il candidato del partito Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité (Pastef, dissolto nel luglio 2023 per ordine del governo), fondato da Ousmane Sonko. Questo è bastato perché i suoi sostenitori scendessero in piazza per rivendicare la sua vittoria. Nel quartier generale della campagna di Diomaye Faye si respirava un’atmosfera di speranza. La sua vittoria è apparsa ancora più sicura dopo che quasi tutti i suoi rivali si sono congratulati con lui, compreso il rappresentante della coalizione di governo, Amadou Ba. L’ex primo ministro il 25 marzo ha ammesso la sconfitta, così come ha fatto il presidente uscente Macky Sall.

Anche se i risultati definitivi devono essere ancora pubblicati, si prospetta un’elezione al primo turno per il numero due del Pastef, che solo pochi giorni fa era rinchiuso in prigione insieme al suo mentore, Ousmane Sonko.

Alle strette

È un fatto senza precedenti per il Senegal. Ma per quanto possa sembrare inedito, le spiegazioni non mancano. In primo luogo bisogna riconoscere il successo della strategia del Pastef e del suo leader, che hanno saputo mettere alle strette Sall, obbligandolo a rinunciare pubblicamente a un terzo mandato.

Sonko e il suo partito avevano invece parecchie possibilità di vincere un’elezione che si preannunciava come una delle più combattute nella storia politica del Senegal. Per questo il successo di Diomaye Faye è stato anche quello di Sonko, che si è opportunamente fatto da parte (e che non aveva potuto candidarsi perché aveva ricevuto una condanna a due anni di carcere).

In secondo luogo, la colpa è del presidente uscente Macky Sall, che è apparso implacabile, se non addirittura persecutorio, nei confronti dei due avversari, contribuendo a renderli più simpatici agli occhi della gente. In altre parole, i voti ottenuti da Diomaye Faye al primo turno possono essere visti come il risultato della reazione del popolo senegalese all’arbitrarietà del regime. Se a questo si aggiunge la discutibile e contestata scelta di Sall di candidare il primo ministro Amadou Ba – che non aveva nemmeno l’appoggio di tutta la coalizione governativa – è facile capire in che modo il presidente, con le sue gaffe di fine mandato, abbia contribuito in larga misura a compromettere le sue possibilità.

La vittoria di Diomaye Faye sembra ancora di più un colpo di fortuna se si considera che non era il primo candidato scelto dal suo partito, ma si è trovato al posto giusto nel momento giusto.

Infine, ma non meno importante, il risultato si spiega con la voglia di cambiamento del popolo senegalese, che sembra aver scommesso sulla gioventù puntando su Diomaye Faye, che ha 44 anni. I giovani si sono schierati con i loro leader e hanno guidato la lotta contro il governo uscente. In ogni caso, ora che è passato dal carcere al palazzo presidenziale, Diomaye Faye ha davanti a sé la parte più difficile. Le sfide che l’attendono sono enormi: oltre a lavorare per uscire dall’ombra di Sonko, dovrà essere all’altezza delle aspirazioni dei suoi connazionali. Bisognerà anche vedere che ruolo avrà Sonko nel nuovo governo. E, soprattutto, se sarà in grado di formare con il presidente eletto un tandem vincente alla guida dello stato. ◆ adg

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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati