Uwe Wittstock (Claudio Bresciani, Alamy)

Marsiglia 1940. Il luogo e la data segnano uno dei momenti più drammatici nella storia dell’emigrazione dalla Germania nazista. Dopo che le forze armate tedesche (la Wehr­macht), fiancheggiate dalla Gestapo e dalle autorità francesi, hanno occupato Parigi, la situazione diventa critica per quei tedeschi che si sono rifugiati in Francia per sfuggire alle persecuzioni naziste. Tra loro ci sono nomi importanti come Franz Werfel, ebreo viennese con una particolare passione per temi cattolici, o Heinrich Mann, libertario repubblicano di antiche origini francesi. Lion Feuchtwanger, autore di un romanzo di successo che s’intitola Successo. Una storia di tre anni in provincia, si è stabilito nel sud del paese, a Sanary-sur-Mer, un villaggio che divenne l’esilio soleggiato dell’élite intellettuale tedesca. Ma le cose in Francia prendono un’altra piega: nel campo di prigionia di Les Milles, vicino a Aix-en-Provence, Feuchtwanger subisce umiliazioni di ogni tipo fino ad affidarsi, insieme a un altro gruppo di disperati raccolti a Marsiglia, a un uomo appena trentenne di nome Varian Fry. Fry è un giornalista di New York che sta cominciando a farsi un nome: negli anni trenta è stato testimone in Germania della brutalità e delle persecuzioni naziste ed è stato tra i primi a capire che il nazismo avrebbe messo in pericolo il mondo intero. Fry fa di tutto per mettere in salvo gli intellettuali e i poeti tedeschi in esilio in Francia: raccoglie denaro da ricchi donatori e si guadagna la fiducia della first lady degli Stati Uniti, Eleanor Roosevelt. Uwe Wittstock, attingendo alle ricchissime memorie di Lisa Fittko, Lion Feuchtwanger, Hertha Pauli e dello stesso Varian Fry, in 1940 costruisce un grande affresco romanzato sull’esilio degli intellettuali tedeschi antinazisti. E questo romanzo, cosa rara nella storia tedesca, è una tragedia con un lietofine, una storia con un eroe che Wittstock tratteggia in tutte le sue contraddizioni. Si rimane colpiti dalla figura di Fry, un giovane americano dall’aspetto convenzionale che ama la cultura europea più di quella del suo paese. Nel libro si racconta il grande coraggio di un individuo che si batte contro la brutalità, la burocrazia e la criminalità di una dittatura feroce, ma soprattutto 1940 è una lezione sulla solidarietà tra persone e paesi diversi.
Hilmar Klute, Süddeutsche Zeitung

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati