Nouvelle vague fa rivivere le movimentate riprese di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard e ci trasporta nella vitalità di una piccola troupe di cinefili convinti, non a torto, di rivoluzionare il cinema. L’eccitazione venata di inquietudine della nouvelle vague (perché Godard ha il panico da palcoscenico del debuttante) contribuisce al fascino di quest’opera omaggio, che vuole solo raccontare la storia della realizzazione di un film libero e in rottura con tutti i codici, che è stato fondamentale per la formazione di Linklater. Il regista texano cerca di essere fedele allo spirito godardiano, mettendo in scena le riprese di Fino all’ultimo respiro con attori molto simili agli “originali” e anche poco conosciuti.
Clarisse Fabre, Le Monde
Francia / Stati Uniti 2025, 105’.

Stati Uniti 2025, 148’.
Il nuovo film di Ari Aster potrebbe non essere stilisticamente unico o visivamente inquietante come le sue opere precedenti, ma questo perché l’autore di Hereditary e Midsommar cattura un male molto più riconoscibile: una città – un mondo – impazzita per lo scoppio della pandemia di covid. Eppure non è il virus a mettere in pericolo Eddington, ma le persone che sfruttano il caos. Con un Joaquin Phoenix mai così bravo a incarnare tutto ciò che ha rovinato e sta rovinando l’America, Eddington mostra con lucidità (e un inquietante umorismo) come il mondo abbia usato una grande emergenza per giustificare le sue follie.
Emma Kiely, Collider
Stati Uniti / Germania 2025, 101’.
Benicio del Toro interpreta Zsa-zsa Korda, uno spietato industriale europeo che si lancia in un’audace scommessa imprenditoriale riallacciando i rapporti con la figlia suora, che ha scelto come sua unica erede. In questa commedia-thriller un antieroe si confronta con i propri fallimenti morali e le sue mancanze di padre, il tutto su uno sfondo visivo brillante, come sempre accade nei film di Wes Anderson. Ma ciò che manca questa volta è un’idea più grandiosa, sia narrativa sia tematica, che avrebbe aiutato la “trama” a decollare davvero.
Tim Grierson, Screen International
Brasile / Francia / Germania / Paesi Bassi 2025, 158’.
Marcelo (Wagner Moura) è un uomo in fuga (o comunque in procinto di fuggire) che attraversa il Brasile della dittatura militare a bordo di un maggiolino giallo. È vedovo, ha un bambino piccolo, non è un dissidente né un uomo di sinistra, eppure è convinto che sia arrivato il momento di lasciare il paese. Un film visivamente e drammaticamente superbo, che procede con lentezza verso un finale tragico e violento, lasciandoci assaporare tutte le tante sfumature che lo rendono qualcosa di speciale.
Peter Bradshaw, The Guardian
Nell’Unione Sovietica del 1937 Kornev, un giovane funzionario idealista cerca di scagionare un uomo accusato e imprigionato ingiustamente. Loznitsa cambia registro rispetto alle sue precedenti opere di finzione. Senza ricorrere a rivelazioni o colpi di scena, rappresenta con rigore la banalità delle disillusioni a cui si espone Kornev e riesce a evocare gli orrori pervasivi della vita in un regime totalitario.
Jessica Kiang, Variety

Questo ipnotico ed epico film, scritto e magistralmente diretto da Mascha Schilinski, sarebbe un facile favorito per la Palma d’oro, se la giuria non fosse piena di attori. Perché Sound of falling non è un film per attori. I personaggi, per lo più donne, sparsi attraverso un secolo di storia tedesca, sono subordinati alla struttura del film: una serie di quadri intrisi di terrore che collegano quattro famiglie in quattro epoche diverse, nella stessa spettrale fattoria della Sassonia-Ahhalt. Un grandioso arazzo di dolore.
Kevin Maher, The Times
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