Alla fine del giugno scorso Jo­seph Juma Buyuka è morto dopo dieci giorni di sciopero della fame in un carcere keniano. Non era un prigioniero politico: era stato arrestato insieme ad altri 64 seguaci del predicatore radicale Paul Nthenge Mackenzie, capo dei Good news international ministries, un culto apocalittico responsabile di più di quattrocento morti accertate.

Buyuka era uno dei principali assistenti di Mackenzie nel periodo in cui si era trasferito a vivere nella foresta di Shakahola, un’area isolata a nord della città di Mombasa, sulla costa del Kenya. Lì è avvenuto uno dei massacri più sanguinosi in tempi di pace della storia africana moderna: secondo le forze dell’ordine keniane potrebbero essere almeno ottocento le persone che si sono lasciate morire di fame.

Preghiera di gruppo a Nairobi, Kenya, 17 maggio 2023 (James Wakibia, Sopa/LightRocket/Getty)

Parte dei 428 corpi ritrovati finora mostra segni di violenza, facendo pensare che alcune vittime siano state uccise.

Le autorità avevano fatto irruzione nella tenuta ad aprile, dopo le denunce degli anziani dei villaggi vicini che avevano visto bambini emaciati andare in giro a mendicare da mangiare e l’obitorio locale riempirsi di cadaveri di persone ridotte pelle e ossa. Plagiate da Mackenzie, le vittime di Shakahola – in gran parte giovani poveri e famiglie disperate – si erano sottoposte a un digiuno estremo per accelerare l’incontro con Gesù. Buyuka e altre 64 persone erano finite sotto inchiesta per i reati di omicidio e omicidio colposo, tentato suicidio, radicalizzazione religiosa, crudeltà e negligenza nei confronti di minorenni.

Mackenzie, che ha negato ogni responsabilità nel massacro, proviene dalle frange più radicali del movimento evangelico carismatico-pentecostale. Nel 2020 la pubblicazione World Christian Encyclopedia contava 644 milioni di pentecostali e carismatici in tutto il mondo, di cui 230 milioni in Africa. Un fattore chiave nell’ascesa di questi movimenti, che enfatizzano il ruolo svolto dallo spirito santo, è l’assenza di una struttura gerarchica all’interno delle congregazioni, dove mancano figure dedicate alla supervisione e al controllo dei predicatori, che nella tradizione pentecostale hanno bisogno solo di seguaci per esercitare un’autorità morale e spirituale.

Lo stesso Mackenzie è un autodidatta ed è diventato uno dei leader religiosi più seguiti di questo secolo grazie alla sua personalità forte. Come ha dimostrato la morte di Buyuka, anche dal carcere riesce a mantenere la presa sui suoi seguaci.

A Shakahola, varie settimane dopo la scoperta dei primi morti, sono stati trovati 65 sopravvissuti nascosti tra gli arbusti, che hanno rifiutato di bere e mangiare anche dopo essere stati trasferiti in un rifugio. A quel punto le autorità hanno accusato queste persone di tentato suicidio, un reato minore punibile con due anni di carcere, cercando di alimentarle con la forza.

In Kenya i confini tra chiesa e stato spesso si confondono. Ai raduni politici è comune vedere esibizioni di cantanti gospel pentecostali

Nel corso di un’udienza in tribunale ad agosto, Mackenzie ha ribadito la sua linea, dicendo ai giornalisti che chi vuole incontrare Gesù deve superare delle prove mentre è in vita. L’unico suo peccato, così si è difeso Mackenzie, era stato di mangiare: nel momento in cui avesse smesso, avrebbe incontrato Dio.

Polizia e familiari delle vittime continuano a setacciare i cumuli di terra smossa alla ricerca di resti umani nei 320 ettari di terreni color ocra di Shakahola. Un anatomopatologo che lavora al caso ha detto che le vittime mostrano segni di grave inedia. Alcune portano segni di soffocamento e traumi da corpo contundente. Si stima che manchino all’appello ancora quattrocento persone. A Shakahola ne erano arrivate da tutto il paese e anche dall’estero, attirate dalle prediche di Mackenzie diffuse online.

Nell’ombra

All’inizio, come ha raccontato un ex seguace della congregazione a un giornalista keniano, i sermoni di Mackenzie “erano normali”, ma dal 2010 “sono cominciati i messaggi apocalittici”. Non è chiaro cosa l’abbia portato a radicalizzarsi. È certo però che ha trovato dei seguaci disposti a seguirlo. In vista dell’obiettivo di ritirarsi dal mondo per prepararsi all’apocalisse, Mackenzie e i suoi accoliti hanno tolto bambini da scuola, hanno costretto i fedeli a contrarre matrimoni combinati e li hanno isolati dalle loro comunità d’origine.

Julius M. Gathogo, docente di teologia all’università Kenyatta di Nairobi, osserva che, anche se per un periodo è stato un telepredicatore, Mackenzie era “praticamente uno sconosciuto” prima che venisse alla luce il massacro di Shakahola. Prima di fondare i Good news international ministries nel 2003, Mackenzie aveva lavorato come tassista di notte nella capitale Nairobi.

In quel periodo, aggiunge Gathogo, Mackenzie è stato “arrestato quattro volte per i suoi sermoni controversi, ma è sempre stato assolto per insufficienza di prove”. Nell’ottobre del 2017 la polizia ha salvato 93 bambini che gli erano stati affidati e lui è stato accusato di promuovere idee estremiste. “Il pastore ha fatto il lavaggio del cervello agli abitanti” mettendoli contro le scuole e gli ospedali del posto, ha raccontato un poliziotto, secondo il quale Mackenzie insegnava ai bambini una forma radicale di cristianesimo in una scuola religiosa non registrata. Anche quella volta, però, Mackenzie è stato rilasciato. Un anno dopo gli abitanti di una cittadina vicina alla foresta di Shakahola hanno distrutto una delle sue chiese, in segno di protesta contro quelli che secondo loro erano dei falsi insegnamenti cristiani.

Nel 2019 il predicatore è stato arrestato un’altra volta per aver istigato i membri della sua congregazione a rifiutare la nuova carta d’identità voluta dal governo, la huduma namba (numero di servizio). Quella protesta aveva contribuito a portarlo alla ribalta, ma è stata la pandemia di covid-19 ad accelerare il suo messaggio apocalittico e a radicalizzare i suoi seguaci. Per molti di loro la diffusione della malattia era la conferma che il mondo stava per finire e che Mackenzie era un profeta. Progressivamente sempre più persone hanno lasciato il lavoro e si sono trasferite a vivere nella foresta, dove alcune hanno acquistato lotti di terreno per ottanta dollari – all’incirca il prezzo di una pecora, nonostante la terra valesse circa quaranta volte tanto – in appezzamenti chiamati Galilea e Betlemme.

Scavi per cercare i corpi delle vittime del massacro di Shakahola, 25 aprile 2023 (Yasuyoshi Chiba, Afp/Getty)

Poi dall’ottobre del 2020 sono saltate varie stagioni delle piogge in Africa orientale provocando la peggiore siccità degli ultimi quarant’anni. A quel punto Mackenzie ha cominciato a dire ai suoi seguaci che dovevano “digiunare per incontrare Gesù”.

Lupi come agnelli

Anche se quello di Mackenzie è un gruppo marginale, il Kenya ha mostrato di essere un terreno fertile per nuovi movimenti religiosi, molti dei quali sono emersi da quello pentecostale. In uno dei paesi più devoti del mondo, più dell’85 per cento dei keniani si professa cristiano. Nel ventunesimo secolo, spiega Gathogo, il movimento afropentecostale è diventato uno tra quelli dominanti nel paese ed è arrivato ad attirare circa un terzo della popolazione, tra i 15 e i 20 milioni di persone. Per restare al passo, religioni più tradizionali come quella cattolica o anglicana accolgono pratiche in stile pentecostale, come le guarigioni miracolose e il presunto parlare in lingue sconosciute.

“Il governo coloniale britannico non incoraggiava il pentecostalismo prima del 1963, l’anno dell’indipendenza”, racconta Gathogo, e questo contribuisce a spiegare perché la prima ondata del movimento sia stata percepita come qualcosa di più locale e autentico. Un elemento cruciale del fascino esercitato da questa corrente evangelica è “la capacità di fare presa facilmente tra le culture indigene”. In particolare, osserva Gathogo, “grazie alle funzioni religiose vivaci, rumorose e accoglienti, anche verso le persone più semplici”. I canti e i balli a cui i fedeli si abbandonano nei tendoni, fa notare il teologo, sono tipici anche della religiosità africana. “L’Africa postcoloniale balla al ritmo del pentecostalismo, la cui influenza va oltre le divisioni socioreligiose”.

In Kenya i confini tra chiesa e stato spesso si confondono. Ai raduni politici, racconta Gathogo, è comune vedere esibizioni di cantanti gospel pentecostali. “Influenzano gli eventi politici”, portando in scena ottimi spettacoli e facendo appello alle convinzioni cristiane più profonde che, con una spruzzata di spiritualità africana, attraversano tutto il paese.

Da questo punto di vista, la congregazione Good news international ministries era un lupo travestito da agnello. Appariva come tante altre chiese afropentecostali, osserva Gathogo, “e ti colpiva per la fede evangelica che prendeva la Bibbia alla lettera e credeva in Gesù Cristo come signore e salvatore”.

Kapya John Kaoma, esperto dell’influenza statunitense sulle chiese dell’Africa orientale, racconta che negli anni duemila una seconda ondata di missionari evangelici americani ha dato un contributo significativo al panorama religioso locale. Gruppi finanziati da organizzazioni statunitensi hanno aperto scuole e hanno importato i programmi televisivi cristiani. Fondamentalisti locali e internazionali hanno potuto mettere piede in paesi dove le norme sull’istruzione erano molto deboli.

Durante la presidenza di George W. Bush (2001-2009) i gruppi evangelici statunitensi più oltranzisti furono incoraggiati a promuovere la loro ideologia all’interno dei programmi finanziati da Usaid (l’agenzia governativa per lo sviluppo internazionale) nel continente africano. Questi gruppi, prosegue Kaoma, “monopolizzarono” i giornali, la radio e, infine, la tv.

Le chiese pentecostali tradizionali cominciarono a discutere di temi tipicamente statunitensi, da cui emergevano posizioni fortemente omofobe e antiabortiste, spianando la strada a predicatori come Mackenzie, con le loro idee sempre più radicali.

Mentre le chiese africane autoctone avevano una loro teologia, che non per forza si contrapponeva a questi punti di vista esterni, molti leader locali storicamente concentrati sulla questione della guarigione hanno tratto nuovo vigore “dalla modernità della destra cristiana statunitense che vedevano in televisione”. Anche la più statunitense delle idee, cioè il vangelo della prosperità (l’idea che la ricchezza sia un segno della benedizione divina e che la povertà sia una punizione), è diventata una potente forza d’attrazione. Le emittenti religiose, ma anche i politici con idee affini, hanno beneficiato di questo tipo di cristianesimo incentrato su “salute e ricchezza”.

Kaoma aggiunge che molti cristiani in Africa hanno una particolare venerazione per la parola che viene dall’occidente. “In Africa tutto ciò che è associato all’essere bianchi acquista legittimità”, osserva. “Quando Mackenzie legge un libro o cita qualcosa scritto da un bianco, il suo potere aumenta”.

Questo potrebbe spiegare perché secondo gli investigatori la svolta radicale di Mackenzie è avvenuta quando è diventato un seguace di William Branham, un predicatore dell’apocalisse statunitense che ha goduto di una certa notorietà negli anni quaranta e cinquanta e che fino alla tragedia di Shakahola era famoso soprattutto per aver influenzato Jim Jones, il predicatore responsabile di un massacro e suicidio di massa avvenuto nel 1978 in Guyana, in cui morirono 909 persone. Branham proveniva dal Latter rain movement (movimento della seconda pioggia), emerso nel secondo dopoguerra. I suoi leader volevano esercitare i poteri conferiti dallo spirito santo ai discepoli di Gesù, come scacciare i demoni, guarire i malati e resuscitare i morti. L’effetto del Latter rain movement sul cristianesimo di oggi non va sottovalutato: per esempio, i discendenti diretti del movimento hanno influenzato l’insurrezione del 6 gennaio 2021 al congresso degli Stati Uniti. Tra loro ci sono parecchi predicatori brasiliani e coreani a capo di congregazioni enormi, o persone responsabili di omicidi di massa, come Mackenzie.

Secondo Doug Weaver, docente di studi religiosi all’università di Baylor, negli Stati Uniti, Branham fu uno dei principali guaritori religiosi statunitensi della sua epoca, e lanciò delle “crociate” anche all’estero. Branham si definiva “il secondo Giovanni Battista” e predicava il ritorno di Gesù Cristo.

Esiste un mercato spirituale di persone che cercano conforto e quelli come Mackenzie “ne approfittano”, spiega Kaoma

Anche se Branham era “eccentrico”, osserva Weaver, i suoi sermoni erano solo variazioni sulla fine del mondo e il bisogno di un profeta. Per i suoi seguaci era diventato un’“autorità infallibile” da seguire senza discutere. Branham sosteneva che chi avesse avuto fede nel suo messaggio sarebbe stato “rapito”, cioè portato dalla terra in cielo nella seconda venuta di Gesù.

Scarso controllo

In Kenya, e anche oltre i suoi confini, i sistemi di credenze esoteriche e i movimenti religiosi emersi dal pensiero pentecostale mostrano quanto sia scarso il controllo delle istituzioni sul movimento. L’avvento dei social network offre anche incentivi perversi. Il Kenya è “sommerso di reclutamenti in rete, in cui i soggetti che aderiscono sono spinti verso l’estremismo”, spiega Gathogo. I credenti sono persuasi da “promesse di una vita migliore o di un lavoro”, oltre alla possibilità di trovare qualcuno da sposare.

In Africa orientale e centrale “l’incapacità di offrire una solida formazione teologica” e la “scarsa selezione dei leader afropentecostali” hanno fatto sì che signori della guerra e trafficanti di droga come Joseph Kony e il suo Esercito di resistenza del signore riuscissero a stabilire delle enclave teocratiche fondate su culti estremisti. Predicatori senza scrupoli promettono “svolte in ogni aspetto della vita”, continua Gathogo, compresi visti per lavorare all’estero, oppure offrono a madri esauste gli strumenti per far rigare dritto i figli adolescenti. “Una chiesa in cui il fondatore non può essere disciplinato da un’autorità superiore o da strutture riconosciute”, sostiene, “non può essere attendibile”.

Esiste un mercato spirituale di persone che cercano conforto e quelli come Mackenzie “ne approfittano”, spiega Kaoma. Ogni successo individuale diventa il successo del leader. Quando i seguaci trovano lavoro o l’amore spesso ne attribuiscono il merito alla chiesa e donano del denaro che va ad arricchire il capo.

Kaoma sottolinea un aspetto insolito nel caso del massacro di Shakahola: di solito queste sette trovano maggior seguito nelle aree urbane, dove le pressioni per il costo della vita e l’isolamento dalle comunità tradizionali sono problemi comuni. Nelle aree rurali fanno più presa i movimenti religiosi di origine africana, legati alla salute e alla comunità. Il fatto che Mackenzie abbia agganciato molti seguaci afflitti da preoccupazioni “cittadine” e li abbia fatti trasferire nella foresta, spingendoli a morire per la loro nuova fede, potrebbe aver contribuito al terribile successo del suo movimento.

In questa confusione di confini tra fedi religiose urbane e rurali, il movimento di Mackenzie non è unico nel suo genere. Shakahola è l’esempio più recente e noto di movimenti pentecostali africani estremi che esercitano un’influenza negativa sugli abitanti nelle comunità rurali.

Nel 2014 un sedicente “professore” sudafricano, Lesego Daniel, aveva incoraggiato i suoi fedeli a bere sostanze chimiche velenose come forma di comunione, sostenendo di avere il dono di trasformare “la benzina in ananas”. Due anni dopo un suo protetto, il pastore Lethebo Rabalago, è stato riconosciuto colpevole di violenza privata perché aveva spruzzato sui fedeli dell’insetticida con la scusa di volerli aiutare a scacciare i demoni che si presentavano sotto la forma dell’aids. Quest’anno un pastore ghaneano ha ordinato ai membri della sua chiesa di denudarsi per permettere allo spirito santo di muoversi liberamente attraverso di loro.

Da sapere
Gli errori delle autorità

◆ I fallimenti dei tribunali e delle forze di polizia keniane hanno permesso al predicatore radicale cristiano Paul Nthenge Mackenzie di continuare a diffondere la sua dottrina basata sul digiuno estremo, nonostante il pastore – in carcere dal 14 aprile 2023 e attualmente sotto inchiesta per la morte di almeno 428 persone – fosse stato più volte segnalato alle autorità. Lo afferma un recente rapporto di una commissione d’inchiesta del senato keniano, secondo la quale il bilancio delle vittime, anche se non ancora definitivo, è più grave di quello di qualsiasi attacco jihadista avvenuto nel paese. Una volta completata la ricerca delle vittime nella foresta di Shakahola, Mackenzie e altri 29 suoi collaboratori saranno incriminati formalmente. Il predicatore, hanno fatto sapere gli inquirenti, sarà accusato di terrorismo. Il massacro di Shakahola è probabilmente il più grande suicidio di massa per motivi religiosi dopo quello del Tempio del popolo di Jim Jones nel 1978 in Guyana, che coinvolse più di novecento persone.
Il Kenya è un paese a maggioranza cristiana, l’85 per cento della popolazione (il 33 per cento protestante, il 21 per cento cattolica, il 21 per cento evangelica), mentre i musulmani sono l’11 per cento. Nel paese ci sono più di quattromila chiese registrate. Secondo un sondaggio del 2022 dell’organizzazione Afrobarometer, i cittadini hanno più fiducia nei leader religiosi che in quelli politici. Africa News, New Lines Magazine


L’ascesa di predicatori radicali ha scatenato reazioni in tutto il continente. In Ruanda il presidente Paul Kagame ha fatto approvare una legge che impone ai predicatori di avere una laurea in teologia per poter fondare delle congregazioni. Pare che dopo l’entrata in vigore siano stati chiusi circa seimila luoghi di culto.

Un compito difficile

Mentre le autorità keniane continuano a esaminare i cadaveri, il massacro ha fatto emergere un serio dibattito sull’opportunità di imporre delle regole ai leader religiosi e sui confini tra stato e chiesa. Il presidente keniano William Ruto, anche lui di fede evangelica, ha creato una task force che sta lavorando su nuove leggi per reprimere le chiese e i predicatori estremisti, mettendo però in allerta il Consiglio nazionale delle chiese (l’associazione delle chiese protestanti e altre organizzazioni cristiane presenti in Kenya), che teme un attacco alla libertà di culto. Ha inoltre invitato i cittadini a presentare proposte sui cambiamenti necessari per imporre dei limiti all’estremismo religioso. “L’operazione contro i criminali che si nascondono dietro la religione non è da intendersi come una guerra contro una fede o un’istituzione religiosa”, ha precisato il ministro dell’interno Kithure Kindiki quando la commissione è stata istituita. “Il crimine non ha religione”.

La commissione deve individuare le lacune che hanno permesso ai gruppi religiosi estremisti di prendere piede in Kenya e delineare un quadro giuridico per impedire che operino nel paese. Questo potrebbe voler dire fissare degli standard per l’istruzione dei predicatori, una cosa piuttosto insolita per le chiese e i movimenti che derivano dal pentecostalismo.

“Secondo me è necessario”, nota Gathogo. Per alcuni, però, è problematico che il governo cerchi di tracciare una linea di demarcazione tra ciò che si può o non si può predicare. Chi si oppone alle nuove regole sostiene che le chiese dovrebbero potersi esprimere liberamente. Secondo altri il massacro è stato un caso isolato e sicuramente le autorità sarebbero dovute intervenire prima, ma in generale le chiese dovrebbero essere lasciate libere di autoregolarsi per conquistare il rispetto delle comunità.

In un paese così religioso è difficile conciliare questioni spirituali con preoccupazioni politiche. Molti sostengono che la separazione tra stato e chiesa è un’idea coloniale, che non riflette i valori di uno stato africano moderno. C’è anche la possibilità concreta che i predicatori “fuorilegge” attirino seguaci proprio in virtù del loro carattere sovversivo. Chi è a favore di un irrigidimento delle regole chiede al parlamento di prendersi tutto il tempo necessario per consultarsi con le comunità.

A prescindere dalle leggi che saranno introdotte, non è scontato che riescano ad affrontare una cultura della fede che sta cambiando. Gathogo osserva che Mackenzie è il simbolo dell’ascesa di nuovi movimenti religiosi nell’Africa del ventunesimo secolo. “Interpretano la Bibbia da un punto di vista radicale ed evitano la formazione teologica, perché sostengono che quella ricevuta dallo spirito santo sia più che sufficiente”, spiega. “Rifiutano l’onestà e finiscono per diventare artisti della truffa”.

Tra questi predicatori “il leader assurge al rango di divinità, la sua parola è legge e la gente è indotta a temerlo”.

Se riuscisse a contrastarli, il Kenya potrebbe diventare un modello e le sue leggi uno strumento utile ad arginare i predicatori disonesti. Tuttavia il paese si trova di fronte un campo minato dal punto di vista legale ed etico, per non parlare del rischio di trasformare persone come Mackenzie in martiri.

Secondo Gathogo, l’introduzione di nuovi standard per i leader religiosi rientra in un problema più ampio di gestione politica e sociale in Africa, dove i predicatori riempiono il vuoto lasciato da stati che non sono capaci di soddisfare i bisogni materiali dei cittadini, e men che mai quelli spirituali.

“L’Africa non ha bisogno di uomini forti”, dice Gathogo, “ma di istituzioni forti”. ◆ gim

Elle Hardy è una giornalista australiana che vive negli Stati Uniti. Ha scritto il libro Beyond belief: how pentecostal christianity is taking over the world (Hurst/Oup 2021).

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Questo articolo è uscito sul numero 1536 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati