Il nuovo libro di ZUZU dopo Cheese, il suo esordio diventato un caso editoriale, è uno dei romanzi a fumetti più belli degli ultimi anni, non solo tra quelli italiani. Se Cheese era tutto in un bianco e nero grezzo e sporco ma fortemente espressivo, Giorni felici è invece coloratissimo. È imperniato su una dialettica tra dentro e fuori: il fuori è restituito con matite a colori e pastelli, e malgrado tutto colora il dentro. Ma quanta sofferenza, quanti piccoli e grandi sconvolgimenti deve affrontare Claudia, la protagonista, così bisognosa di amore totale ma anche così timorosa. ZUZU fotografa con potenza e precisione le paure e i fremiti amorosi dell’anima giovane, dietro l’apparenza di una cronaca malferma e femminile delle generazioni di oggi. Apparenza ingannevole: Claudia, sorta di mutante che un po’ rievoca le arpie della mitologia greca, ha due facce in una, due rovesci, come metaforizza la copertina. Ma sono due anime in attesa di mutarsi in una sintesi armonica: l’arpia aspira a fiorire come angelo. I colori da eterna primavera non sono solo tra i punti più alti raggiunti da tanto fumetto internazionale nella ricerca dell’infanzia dell’arte (per riprendere la formula dei dadaisti) e dell’infanzia del fumetto, ma uno degli antidoti più forti all’assenza di futuro. L’animismo, di esplicita matrice infantile, nel voler far dialogare le pietre riflette l’anelito a volare oltre. Oltre ogni limite. Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1435 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati