Nella narrativa per l’infanzia la casa è da sempre una delle protagoniste assolute. Lo sono i suoi spazi, pensiamo alle camerette da cui possono partire mille avventure. Lo è a maggior ragione la sua essenza, pensiamo a tutto il ricco filone di case stregate, possedute, spettrali e via dicendo. Ma quella di cui parla Colleen Rowan Kosinski è una casa decisamente diversa da quelle incontrate finora. Prima di tutto ci parla in prima persona. Sentiamo le sue emozioni. La sua felicità di far parte di una vita familiare ricca e feconda. Una casa piena di odori, chiacchiere, colori. Una casa che si fa vivere dai teneri passi di chi la abita. Passi adulti e passi bambini che, con il tempo, si fanno più pesanti. Si cresce, s’invecchia, si cambia. La casa non basta più. La famiglia è costretta a lasciarla, con un po’ di pesantezza nel cuore. A quel punto l’albo decolla mostrando che una casa ha bisogno di essere abitata. E lo fa grazie alla collaborazione tra l’autrice e l’illustratrice argentina Valeria Docampo. La sua casa rosa dal tetto blu, come un corpo malato, torna a splendere solo quando diventa il luogo del possibile e dell’amore. Certo, nella realtà, a volte, la casa può trasformarsi in una prigione. Per fortuna non in questo albo, dove brilla il racconto che una casa fa di sé.
Igiaba Scego
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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati