Jake Adelstein è un giornalista statunitense che da trent’anni vive a Tokyo, dove lavora per i principali quotidiani locali. Nel 2017 Morimoto, il suo commercialista, scompare nel nulla proprio pochi giorni prima della scadenza di alcuni pagamenti. Adelstein era cliente di Morimoto da anni. Il loro era diventato quasi un rapporto d’amicizia, anche perché il giornalista, che a lungo si è infiltrato nelle famiglie criminali per scrivere i suoi articoli, aveva bisogno di un commercialista esperto per gestire le sue molteplici identità. La sparizione di Morimoto sembra essere connessa ai suoi legami con le nuove famiglie della yakuza, la mafia giapponese, che il commercialista aveva aiutato in alcune operazioni opache dal punto di vista finanziario. Potrebbe essere stato ucciso, potrebbe essersi suicidato, o potrebbe essere un jouhatsu, la parola giapponese che descrive chi ha deciso di far perdere le proprie tracce. Adelstein, diventato famoso con l’autobiogradia Tokyo vice, di recente adattata dalla Hbo in una serie tv prodotta da Michael Mann, apre un nuovo filone d’inchieste sui legami tra mafia, finanza e borghesia. L’indagine parallela della sua collega Shoko Plambeck sul fenomeno degli jouhatsu dà un po’ di sostanza a un lavoro che altrimenti rischiava di alimentare gli stereotipi sul Giappone. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1497 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati