Il bitcoin, nato come una valuta anarchica, sta diventando la moneta del potere. Donald Trump, che da gennaio sarà di nuovo l’uomo più potente del mondo, è un grande sostenitore della moneta digitale e nel suo governo sarà circondato da altri appassionati di criptovalute. Fin dall’inizio il bitcoin ha portato scompiglio nel mondo finanziario: grazie a Trump sta cominciando a essere simile all’oro, un bene che scarseggia e che in tempi di crisi e di valute instabili fa da porto sicuro per gli investitori. Un’immagine rafforzata dalla promessa di Trump di creare, oltre alle riserve auree, anche una “scorta strategica” di bitcoin.
Se si considerano i prezzi raggiunti, bisogna concludere che siamo in presenza più che altro di una bolla, di un prodotto che non ha un valore reale ma solo quello determinato dalle speculazioni. Di solito un prodotto del genere va incontro a un crollo, ma per il momento le prospettive per il bitcoin sono favorevoli. Attirati dai rendimenti astronomici degli ultimi anni, gli investitori in criptovaluta si fanno avanti, soprattutto ora che uno dei più grandi speculatori in bitcoin, Elon Musk, è uno dei principali consiglieri di Trump. Il bitcoin si adatta molto bene alla visione del mondo di Trump, che si basa sul bluff e dà poco valore ai fatti. La sua carriera come uomo d’affari è fondata sulla creazione di illusioni. E il bitcoin ne è il simbolo per eccellenza.
Le criptovalute costituiscono però un grande pericolo per la stabilità finanziaria: se la moneta implode, una grossa fetta del mondo economico sarà trascinata nella sua caduta. Per questo l’amministrazione Biden aveva cercato d’imporre delle restrizioni al loro mercato Ora tutto fa pensare che il governo Trump metterà in atto una deregolamentazione del settore e questo potrebbe scatenare esplosioni a raffica di bolle finanziarie. Gli investitori della prima ora diventeranno ricchi sfondati, a scapito di tutti gli altri. La futura amministrazione Trump è piena di persone che capiscono questo meccanismo alla perfezione. Il patrimonio totale dei ministri che dovrebbero farne parte ammonta attualmente a 340 miliardi di dollari.
C’è da temere che la rabbia populista, nata in parte dallo scontento per le enormi disuguaglianze di reddito e patrimonio, finirà per condurre a un capitalismo del “chi vince piglia tutto”, aumentando ancora di più il divario tra ricchi e poveri. ◆ oa
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati