13 marzo 2015 17:11

Il tribunale di Milano ha rinviato alla corte costituzionale la legge 40/04 sulla procreazione assistita, accogliendo il ricorso presentato da una coppia fertile ma portatrice di esostosi, una malattia genetica trasmissibile. La coppia voleva ricorrere alla procreazione assistita, ma la legge 40 impedisce la diagnosi genetica preimpianto dell’embrione e inoltre all’articolo 1 comma 2 stabilisce che: “Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità”.

La decisione del tribunale di Milano segue quella presa per un caso simile a gennaio dai giudici di Roma, che sulla stessa materia hanno sollevato la questione di costituzionalità.

La legge sulla procreazione assistita, entrata in vigore nel 2004, è già finita in tribunale 33 volte e ha subìto diverse modifiche rispetto alla sua versione originaria.

La sentenza della corte europea. Il primo tribunale a esprimersi in modo critico sulla questione è stato quello della corte europea dei diritti dell’uomo, che nell’agosto 2012 [ha stabilito](http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?facetNode_1=1_2(2012) che la legge 40 viola la convenzione europea dei diritti umani.

In particolare, i giudici europei hanno contestato l’articolo 4, che stabilisce che il ricorso alla procreazione assistita è “circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità”. La corte europea ha bocciato anche l’articolo 13, che vieta la diagnosi genetica preimpianto, proibendo “ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete”.

La corte europea ha giudicato contraddittorio il sistema legislativo italiano. Si legge nella sentenza: “Il sistema legislativo italiano manca di coerenza. Da un lato vieta l’impianto limitato ai soli embrioni non affetti dalla malattia di cui i ricorrenti sono portatori sani; dall’altro, autorizza i ricorrenti ad abortire un feto affetto da quella stessa patologia”. Ansa, Corriere della Sera, Il Post

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