04 novembre 2015 17:33

Il 5 novembre comincia il processo legato all’inchiesta Mondo di mezzo sull’organizzazione Mafia capitale e i legami tra criminalità organizzata, politica e istituzioni a Roma. Gli imputati sono 46, in gran parte già in carcere o agli arresti domiciliari, e le udienze si svolgeranno nel carcere di Rebibbia.

Tra gli imputati ci sono Massimo Carminati, l’ex terrorista dei Nar considerato il capo di Mafia capitale, Salvatore Buzzi, considerato il referente nel mondo delle cooperative rosse della capitale, Luca Odevaine, vicecapo di gabinetto della giunta di Walter Veltroni, e Giovanni Fiscon, ex amministratore delegato dell’Ama (l’azienda romana per lo smaltimento dei rifiuti).

I tre imputati principali del processo non saranno presenti in aula: Massimo Carminati è rinchiuso nel carcere di Parma con il regime del 41 bis, Salvatore Buzzi è detenuto a Tolmezzo e Riccardo Brugia, ritenuto il braccio destro di Carminati, si trova nel carcere di Terni. Insieme ad altre 31 persone, saranno processati con il rito immediato.

Il comune di Roma chiederà di costituirsi parte civile con un documento firmato dal commissario della capitale Paolo Tronca, l’ex prefetto di Milano che la settimana scorsa ha preso il posto del sindaco Ignazio Marino, decaduto il 30 ottobre in seguito alle dimissioni di 26 consiglieri.

Il 3 novembre sono arrivate le prime condanne per gli imputati che avevano chiesto il rito abbreviato: Emilio Gammuto, Raffaele Bracci, Fabio Gaudenzi ed Emanuela Salvatori. Gammuto, collaboratore di Salvatore Buzzi e presunto numero due dell’organizzazione, ed Emanuela Salvatori, funzionaria capitolina, erano accusati di corruzione. Bracci e Gaudenzi di usura.

Ecco le tappe fondamentali della vicenda fino a oggi:

L’inchiesta Mondo di mezzo

Il 2 dicembre del 2014 a Roma vengono arrestate 37 persone, tra cui l’ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il presidente della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi. Sono accusati di essere a capo di “un’associazione a delinquere di stampo mafioso”. Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, parla di un “ramificato sistema corruttivo” per l’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal comune di Roma e dalle aziende municipalizzate con interessi, in particolare, anche nella gestione dei rifiuti, dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo e campi rom e nella manutenzione del verde pubblico.

Le accuse nei loro confronti sono di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati. “Nella capitale non c’è un’unica organizzazione mafiosa a controllare la città, ma ce ne sono diverse. Oggi abbiamo individuato quella che abbiamo chiamato Mafia capitale, romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso”, dichiara Pignatone.

Nello specifico, aggiunge il procuratore, “alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione”. Tra gli indagati figurano anche lo stesso Gianni Alemanno, l’ex capo della segreteria del sindaco, Antonio Lucarelli, e l’assessore alla casa del Partito democratico Daniele Ozzimo. Indagati anche il consigliere regionale del Partito democratico Eugenio Patanè, quello di Forza Italia Luca Gramazio e il presidente del consiglio comunale di Roma Mirko Coratti.

La seconda fase dell’inchiesta

Il 4 giugno vengono arrestate altre 44 persone. Al centro della seconda fase delle indagini c’è Luca Odevaine, vicecapo di gabinetto della giunta di Walter Veltroni. Odevaine era stato arrestato già a dicembre del 2015. Secondo l’accusa, Odevaine, tra le altre cose, ha ricevuto tangenti per influenzare l’assegnazione dell’appalto sulla gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo.

Tra gli indagati anche il sottosegretario all’agricoltura del Nuovo centrodestra Giuseppe Castiglione, sotto inchiesta da parte della procura di Catania per turbativa d’asta in relazione all’appalto per la gestione del centro Cara di Mineo. Il 9 giugno la guardia di finanza arresta cinque persone accusate di aver truccato gli appalti: tra le gare truccate anche quella relativa al restauro dell’aula Giulio Cesare del Campidoglio, dove si riunisce il consiglio comunale. La gara sarebbe stata affidata a Fabrizio Amore, uno degli imprenditori coinvolti nell’inchiesta Mafia capitale.

Le conseguenze politiche dell’inchiesta

Dopo gli arresti di giugno, l’opposizione comincia a chiedere le dimissioni del sindaco Ignazio Marino e lo scioglimento per mafia del comune di Roma. Il consiglio comunale viene travolto dall’inchiesta, anche se le indagini riguardano fatti accaduti nel 2008, quando la giunta era guidata da Gianni Alemanno, iscritto nella lista degli indagati.

  • Dopo l’inchiesta Mondo di mezzo, che ha portato all’arresto di quattro consiglieri comunali, l’assemblea capitolina approva la sostituzione di quattro consiglieri: Massimo Caprari (Centro democratico), Mirko Coratti (Partito democratico), Pierpaolo Pedetti (Partito democratico) e Giordano Tredicine (Forza Italia) con affidamento della supplenza per delle funzioni a Daniele Parrucci (Centro democratico), Liliana Mannocchi (Partito democratico), Cecilia Fannunza (Partito democratico) e Alessandro Cochi (Forza Italia).
  • Si dimette, inoltre, Marco Vincenzi, capogruppo del Partito democratico alla regione Lazio. Il 26 giugno seguono le dimissioni del consigliere comunale del Partito democratico Francesco D’Ausilio.
  • Il 14 luglio è la volta del vicesindaco Luigi Nieri, di Sinistra ecologia libertà. Nieri non è indagato, ma il suo nome compare in diverse intercettazioni.
  • Il 28 agosto il governo scioglie per mafia il municipio romano di Ostia e nomina commissario straordinario per il Giubileo il prefetto di Roma Franco Gabrielli per “interventi di risanamento in otto ambiti”. L’amministrazione comunale però non viene commissariata.

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