09 marzo 2020 12:00

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non ha ancora definito l’emergenza del nuovo coronavirus (Sars-CoV-2) una pandemia, ma ha confermato che si diffonderà probabilmente nella maggior parte dei paesi, se non in tutti. L’epidemia sta comunque registrando un aumento dei casi, in particolare fuori dalla Cina. Al 9 marzo sono state registrate più di 110mila persone contagiate in 109 paesi. In Italia sono state 7.375, compresi 366 morti e 622 guariti. Secondo la rivista scientifica The Lancet l’azione dei leader europei nell’affrontare l’emergenza è stata lenta e insufficiente.

“Ora esiste un vero pericolo che i paesi abbiano fatto troppo poco e troppo tardi per contenere l’epidemia. Il rapporto della missione congiunta Oms-Cina definisce le misure della Cina sul nuovo coronavirus come ‘lo sforzo di contenimento della malattia più ambizioso, agile e aggressivo della storia’. La Cina sembra aver evitato un numero considerevole di casi e di morti, anche se ci sono stati gravi effetti sull’economia della nazione. Nel suo rapporto, l’Oms raccomanda ai paesi di attivare il livello più alto nei protocolli di gestione dell’emergenza per garantire che il governo e la società adottino gli atteggiamenti necessari per contenere la diffusione del virus. Il successo della Cina si basa in gran parte su un forte sistema amministrativo che può essere mobilitato in caso di minaccia, combinato con la prontezza del popolo cinese a obbedire a rigorose procedure di sanità pubblica. Ci sono importanti lezioni che si possono imparare dall’esperienza cinese. I segni dicono che quelle lezioni non sono state apprese”.

Secondo la rivista “le misure di sanità pubblica come il tracciamento completo dei contatti avuti da chi è stato contagiato, l’isolamento sociale, le restrizioni ai viaggi, l’educazione sull’igiene delle mani, la garanzia di vaccinazioni antinfluenzali per le persone fragili e immunodepresse, e il rinvio di operazioni e servizi non essenziali contribuiranno a ritardare la diffusione dell’infezione e ad alleggerire la pressione sugli ospedali. I singoli governi dovranno decidere dove tracciare la linea sull’attuazione di tali misure. Dovranno valutare i rischi etici, sociali ed economici rispetto ai comprovati benefici per la salute”. Un particolare pericolo, secondo The Lancet, riguarda i paesi in via di sviluppo, dove “i grandi focolai potrebbero facilmente sopraffare i servizi sanitari”.

Secondo gli autori dell’articolo, non è sufficiente neanche l’attuale gestione dell’aggiornamento degli operatori sanitari. Le autorità dovrebbero consegnare nuove linee guida “sotto forma di seminari, corsi online, collegamenti via smartphone e formazione peer-to-peer. Dispositivi di protezione individuale, ventilatori, strumenti per l’ossigenazione e kit per fare i test devono essere resi disponibili e bisogna rafforzare le catene di rifornimento”.

L’esempio cinese, pur nella sua severità, ha salvato milioni di vite: “I paesi ad alto reddito, che ora affrontano i loro focolai, devono assumersi dei rischi ​​e agire in modo più deciso. Devono abbandonare i timori per le conseguenze economiche e sociali negative a breve termine – causate dalla limitazione di alcune libertà – a favore di misure di controllo più severe per limitare le infezioni”.

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