“Molto è già stato fatto. Ma vi posso assicurare che il meglio deve ancora venire”. Per un candidato a un’elezione presidenziale non ci sarebbe nulla di strano a pronunciare una frase come questa, ma le stesse parole stridono se a dirle è Paul Biya, 92 anni, al potere in Camerun dal 1982. È il presidente in carica più anziano del mondo, ma questo non gli ha impedito di candidarsi alle elezioni del 12 ottobre in cerca dell’ottavo mandato.
Il Camerun, dove l’età mediana della popolazione è 18 anni, ha avuto solo due capi dello stato dall’indipendenza, nel 1960, e Biya è stato decisamente il più longevo. Nel suo primo – e molto probabilmente unico – comizio, il 7 ottobre a Maroua, nella regione dell’Estremo Nord, si è rivolto subito ai giovani, parlando del problema della disoccupazione, forse proprio per cercare di colmare quella distanza dalla maggioranza della popolazione che deriva dal divario di età.
In ogni caso tutto è stato predisposto per favorire la sua vittoria, visto che il rivale principale, Maurice Kamto, è stato escluso dalla corsa presidenziale. “La macchina elettorale del suo partito, il Raggruppamento democratico del popolo camerunese (Rdpc), è ancora ben rodata”, nota il quotidiano burkinabé Wakat Séra, mentre “l’opposizione, ancora una volta, si presenta divisa a uno scrutinio che per Biya sarà solo una formalità”.
Il paese, però, avrebbe disperatamente bisogno di nuovi leader, afferma Tsi Conrad, un fotografo e regista camerunese originario della regione anglofona, rinchiuso in carcere dal 2016. Conrad ha dettato dalla prigione centrale di Yaoundé un articolo uscito sul Financial Times: “Il mondo deve capire che il Camerun è in crisi. Con un 23 per cento della popolazione che vive in povertà, la corruzione dilagante, le protezioni inesistenti per i diritti civili e gli attacchi in crescita dei gruppi estremisti islamici, il paese ha molte sfide da affrontare, ma nessuna è grave quanto il conflitto decennale tra il governo centrale e i separatisti delle regioni anglofone. Un conflitto in cui entrambe le parti sono responsabili di atrocità”.
Il Camerun, paese in gran parte francofono perché ex colonia della Francia, ha una minoranza anglofona concentrata in due regioni al confine con la Nigeria che si unirono al resto del paese nel 1961. Dal 2017 un’insurrezione armata condotta da ribelli separatisti e la dura repressione governativa hanno causato centinaia di migliaia di sfollati e almeno seimila morti.
Questa situazione è stata trascurata da Biya che, invece di affrontarla, ha cercato di oscurarla impedendo ai mezzi d’informazione di parlarne. Per questo, secondo Conrad, ci sarebbe bisogno di nuovi leader, in grado di creare un ponte tra anglofoni e francofoni, e in grado di comprendere le speranze e le paure dei giovani.
Perfino la figlia di Biya, Brenda, 27 anni – che in un profilo molto seguito su TikTok racconta la sua vita tra Rolls Royce e jet privati – ha invitato i suoi coetanei a non votare per il padre, perché “ha fatto soffrire troppe persone”.
Se Biya non è probabilmente il candidato che la maggioranza della popolazione vorrebbe, resta comunque la scelta più sicura per l’élite camerunese, spiegano vari osservatori. “È un segreto di Pulcinella: da anni nei corridoi della presidenza camerunese si respira un’atmosfera da fine regno, con diversi clan che lottano per le loro prerogative e per avere un accesso privilegiato al capo dello stato”, spiega Jeune Afrique. “Dopo l’annuncio della candidatura di Biya, a luglio, le asce di guerra sono state di nuovo sotterrate. Così come si è placata la guerra quasi aperta tra Ferdinand Ngoh Ngoh, segretario generale della presidenza, e Laurent Esso, il ministro della giustizia”, entrambi possibili successori di Biya.
Anche se le elezioni di domenica andranno come previsto, resta un’incognita: la salute di Biya, che al completamento del suo eventuale ottavo mandato avrà 99 anni. In questi anni si è fatto notare più per la sua assenza, spesso a causa di soggiorni all’estero per sottoporsi a cure mediche. L’ultimo, in Svizzera, è stato alla fine di settembre, a poco meno di tre settimane dalla presidenziali.
Solo un anno fa sui social media avevano cominciato a circolare notizie false sulla morte di Biya. Per arginarle il governo aveva fatto una scelta radicale quanto discutibile: aveva vietato ai mezzi d’informazione di parlare dello stato di salute del presidente.
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Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.
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