I modelli comunemente usati per valutare l’impatto economico del cambiamento climatico potrebbero aver seriamente sottovalutato le conseguenze della mancata riduzione delle emissioni di gas serra, afferma uno studio australiano pubblicato su Environmental Research Letters.

I modelli di valutazione integrata (Iam), impiegati per simulare la complessa interazione tra le attività umane e i sistemi ambientali, tendono a considerare solo gli effetti del mutare delle condizioni climatiche a livello locale, come la riduzione della produttività del lavoro o le variazioni nella resa dell’agricoltura.

Questo significa che le perdite provocate dall’aumento delle temperature nelle regioni calde e temperate possono essere in parte compensate dai guadagni in quelle fredde.

Anche livelli di riscaldamento incontrollato, che avrebbero conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi e renderebbero inabitabili intere regioni del pianeta, produrrebbero quindi un effetto relativamente limitato sull’economia mondiale.

Secondo gli autori dello studio, però, questi modelli non tengono conto dell’interdipendenza tra le economie nazionali, sottovalutando le conseguenze dell’interruzione delle catene di approvvigionamento globali dovute a eventi estremi come siccità e alluvioni nei singoli paesi.

Impegnarsi conviene

I ricercatori hanno quindi adattato uno dei modelli più usati in modo che prendesse in considerazione anche gli effetti della variazione del clima globale. Con queste modifiche, il calo atteso nel pil globale entro il 2100 con un riscaldamento di quattro gradi passa dall’11 al 40 per cento.

Anche se l’aumento della temperatura dovesse essere limitato a due gradi, un obiettivo che molti scienziati considerano molto difficile da raggiungere, le conseguenze economiche sarebbero molto gravi, con un calo del 16 per cento del pil globale.

Gli autori dello studio sottolineano che queste conclusioni non hanno solo valore scientifico, dato che i modelli di valutazione integrata sono usati dalle istituzioni internazionali e dai governi per valutare costi e benefici degli investimenti nella riduzione delle emissioni di gas serra.

Secondo la versione originaria del modello in questione, per esempio, il livello di impegno ottimale a livello economico – cioè quello oltre il quale i costi degli investimenti sarebbero superiori alle perdite provocate dal cambiamento climatico – comporterebbe un riscaldamento di 2,7 gradi.

Tenendo conto degli effetti del clima globale, invece, la soglia scende a 1,7 gradi, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Questo testo è tratto dalla newsletter Pianeta.

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