10 ottobre 2014 07:00

Sono dati che potrebbero cambiare molte cose in Europa. Le nuove previsioni dei quattro grandi istituti di ricerca tedeschi annunciano un calo della crescita della prima economia dell’Unione europea. Il pil tedesco dovrebbe aumentare dell’1,3 per cento nel 2014 e dell’1,2 per cento nel 2015. In inverno le previsioni parlavano ancora dell’1,9 e del 2 per cento.

Questi dati arrivano dopo una serie di cattivi segnali sul calo della produzione industriale, delle importazioni, delle esportazioni e degli ordini. Come temevano molti economisti, la Germania arranca a causa della debolezza degli investimenti, delle incertezze geopolitiche e soprattutto della mancata crescita nel resto dell’eurozona, il principale mercato delle esportazioni di Berlino.

La conclusione comune dei quattro istituti è che il governo federale “non sfrutta abbastanza i suoi margini di manovra finanziari a fini d’investimento” e “dovrebbe aumentare le spese pubbliche negli ambiti in cui esiste un potenziale di crescita”.

Molto rispettati in patria, i quattro istituti si accodano dunque al parere del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, degli Stati Uniti, della Francia, dell’Italia, di molti paesi dell’Unione e della maggior parte degli economisti europei e americani, che continuano a chiedere ad Angela Merkel di approfittare dell’equilibrio finanziario del paese per rilanciare l’economia tedesca e di conseguenza quella dell’Unione, consolidando la crescita in Germania, in Europa e nel mondo.

Già prima della pubblicazione dei dati gli industriali, la sinistra e i sindacati tedeschi avevano manifestato le stesse richieste in un acceso dibattito partito all’inizio di settembre da un’inchiesta dello Spiegel sul degrado delle infrastrutture tedesca e sui problemi che questo aspetto genera per l’economia.

Molto legata al ripristino dell’equilibrio di bilancio tedesco e ostile a qualsiasi proposta di rilancio della spesa pubblica nell’Unione (ma anche al solo rallentamento della sua riduzione), la cancelliera aveva sempre respinto tutti gli appelli. Ora però le cose potrebbero cambiare.

Merkel ha ammesso che il suo governo sta studiando il modo di stimolare gli investimenti. Questa evoluzione, per quanto timida, rafforza chiaramente la posizione della Francia, che da mesi continua lottare contro i mulini a vento ripetendo che sarebbe pericolosissimo per tutta l’Unione tagliare la spesa pubblica troppo rapidamente in un momento in cui l’Fmi mette in guardia contro il “serio rischio” di recessione dell’eurozona.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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