04 aprile 2014 10:45

Era un commissario. Un senatore a vita. Non lo so. Uno scrittore che ha scritto un romanzo. Era francese. Era di estrema destra. Era conosciuto per aver fatto tante guerre. La bomba. Boh. Non collego niente. Era presidente dell’Unione europea e della Corea. Ci ho preso? Io non so chi era Enrico Berlinguer.

Le risposte di molti dei ragazzi intervistati da Walter Veltroni all’inizio del suo film sul segretario del Partito comunista italiano sorprendono. Possibile che nemmeno i funerali di Berlinguer, che coinvolsero e commossero milioni di persone al di là della loro appartenenza politica, abbiano lasciato qualche traccia? Dove si è inceppato il meccanismo della trasmissione delle esperienze, del vissuto, di una storia condivisa?

La scuola, certo. Alcuni dei ragazzi che ignorano chi fosse Berlinguer sono addirittura studenti del liceo Azuni di Sassari, dove il leader del Pci studiò. I mezzi di comunicazione, anche. Giornali e tv, per i quali il ciclo di quello che “fa notizia” è sempre più breve. Perfino le famiglie. In cui genitori, sorelle e fratelli maggiori, zii e nonni, amici e vicini di casa hanno smesso di incontrarsi, forse di parlarsi. È chiaro che in un paese dove la storia e il passato non sono parte di un patrimonio comune è più difficile trovare basi su cui confrontarsi, cambiare, costruire.

Quei ragazzi però non vanno giudicati. Intanto perché, anche se non sanno chi era Berlinguer, sicuramente sanno tante altre cose, probabilmente molte di più di quelle che sapevano i ragazzi che avevano la loro età trent’anni fa. Hanno più strumenti, e questo conta più della quantità di informazioni accumulate. Ma soprattutto quei ragazzi insegnano che nessuno dovrebbe dare mai nulla per scontato, neanche quello che sembra ovvio.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it