12 dicembre 2013 15:13

David Byrne, Come funziona la musica

Bompiani, 345 pagine, 28 euro

David Byrne è un artista riflessivo ed egocentrico. Le due caratteristiche si combinano perfettamente in questo libro che è insieme un saggio sulla musica come esperienza sociale e un’autobiografia.

Convinto che nel campo musicale contino più le circostanze, soprattutto materiali (tecniche di riproduzione, architettura delle sale da concerto, mercati), che l’ispirazione dei singoli musicisti, l’ex cantante dei Talking Heads alterna felicemente capitoli storici e ricordi personali. Nei primi, sulla base di ottime letture (Mark Katz sulla riproduzione sonora, Alex Ross sulla musica del novecento) spiega come e perché è cambiata nel tempo la fruizione della musica.

Leggendoli si impara per esempio che trent’anni fa l’unica musica che si poteva sentire bene negli stadi era l’Heavvy Metal, oppure che, dato che i solchi dei suoni gravi occupavano più spazio di quelli degli alti, gli LP con tante canzoni potevano andare bene per le chitarre della West Coast ma non per i bassi della Discomusic. Nei capitoli autobiografici spiega come ha provato a reagire a tutti questi cambiamenti nel corso di una carriera ormai quasi quarantennale.

Il libro si presta a vari usi: come

table book da regalare, come repertorio di aneddoti da raccontare a cena, come riflessione su un momento, quello odierno, di trasformazione radicale per la musica popolare occidentale: quasi un ritorno alle origini.

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