05 maggio 2010 00:00

1. Gogol Bordello, Uma menina uma cigana

Andreste in un sambodromo con una tzigana? Fareste vacanza in Ucraina bevendo caipiroske a colazione? Vi offrireste in pasto alle zanzare mutanti dell’Idroscalo per una notte di fiesta con Eugene Hutz? È sempre lui, la guida turistica di Ogni cosa è illuminata, con il suo carico gipsy punk, questa volta impegnato ad aggiungere spezie sudamericane al minestrone di fisarmoniche est-europee. Vacanze scomode ed eroiche, ballando sulle miserie del mondo: per chi quest’estate parte con qualcosa in spalla, è un accompagnamento quasi essenziale.

2. Roky Erickson with Okkervil River, Be and bring me home

Country americano randagio per tornare a casa, tra città di pianura e tascabili di Cormac McCarthy mangiucchiati dal fango. Uno di quei cantanti americani che sono in giro da sempre e di cui nessuno ha mai veramente sentito parlare; un veterano pre-1968 che ha dato una mano a modellare il rock e si è poi imboscato in qualche bettola di Austin. Adesso è tornato con un album di bellissime canzoni da vagabondo biblico, e l’idea che dà è quella di una lunga strada verso il tramonto, con quella luce bellissima che precede il buio.

3. Riccardo Ceres, Il sonno

Dove si affronta il fenomeno del randagismo nel mezzogiorno: tra Carosone e Buscaglione, Tom Waits, Screa­min’ Jay Hawkins e Vinicio Capossela, da sfogliare a piacimento per trovare la formula di Riccardo Ceres, cantautore di Caserta che si muove negli interstizi della tarantella e del blues con un vocione da paura e una sua vena da ammaestratore di contrabbassi e marimbe. Lungo la linea gotica che da Rain dogs prosegue a Sud si trova James Kunisada Carpante, ed è un percorso tortuoso tra vino, pensieri e almeno due tipi di sirene.

Internazionale, numero 845, 7 maggio 2010

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