Quest’anno in Italia i musulmani hanno festeggiato la fine del mese di Ramadan in due giorni diversi, il 5 e il 6 luglio. Le ragioni di questa diversità vanno cercate nelle differenti interpretazioni religiose, nelle diverse provenienze geografiche e anche nel campo della politica. Le due Eid al Fitr (letteralmente “festa dell’interruzione” del digiuno) di questi giorni illustrano bene la realtà plurale e multiforme dell’islam italiano.

La determinazione dell’inizio e della fine del Ramadan è una questione complessa. Per tradizione, il succedersi dei mesi del calendario musulmano avviene con l’avvistamento della luna nuova. Come è ovvio ciò varia a seconda della latitudine in cui ci si trova. Inoltre, per alcune scuole di pensiero oggi ci si può basare su calcoli astronomici invece che sull’osservazione del cielo a occhio nudo. Di conseguenza i musulmani ai quattro angoli del pianeta si ritrovano a festeggiare il Ramadan con scarti temporali e in giornate diverse. Non c’è nulla di sorprendente in ciò. Un po’ più sorprendente, e assai significativo da un punto di vista simbolico, è che lo scarto temporale avvenga in un paese poco esteso geograficamente come l’Italia.

Da alcuni anni in Italia i musulmani seguono quattro possibili strade per determinare l’inizio e la fine del Ramadan: osservare a occhio nudo il sorgere della luna; uniformarsi alle indicazioni dell’Arabia Saudita sul suo avvistamento; accogliere le decisioni del Consiglio europeo della fatwa e della ricerca, che segue un criterio di calcolo scientifico; adattarsi alle scelte del paese d’origine, per coloro che sono immigrati. Quest’anno trovare una data condivisa da tutti è apparso più difficile del solito, e così alcuni hanno festeggiato l’Eid al Fitr il 5 luglio, seguendo il Consiglio europeo della fatwa e della ricerca, mentre altri, uniformandosi all’Arabia Saudita, il giorno dopo.

Le diverse comunità nazionali rappresentano un mosaico plurale in cui nessuna è davvero dominante

La città di Roma è stata particolarmente esemplare al riguardo: la Grande moschea, luogo simbolo e istituzionale dell’islam italiano, con forti legami con l’Arabia Saudita, ha decretato la festa per la fine del Ramadan il 6 luglio, ed è stata seguita da diverse sale di preghiera cittadine; invece il centro islamico al Huda, la cosiddetta moschea di Centocelle, espressione dell’Ucoii, una grande organizzazione ombrello sotto la quale si ritrovano diverse realtà musulmane italiane, ha festeggiato il giorno prima. A pesare non sono state solo le differenti interpretazioni religiose ma anche dinamiche di egemonia culturale e politica. La piccola controversia di fine Ramadan è simbolo di un islam italiano che è diventato sempre più grande e variegato.

Attualmente i musulmani che vivono in Italia sono un milione e seicentomila, tra migranti, figli di migranti, convertiti e figli di convertiti. Le diverse comunità nazionali rappresentano un mosaico plurale in cui nessuna è davvero dominante, come accade invece per i turchi in Germania o i magrebini in Francia. Accanto alla storica presenza di marocchini, tunisini ed egiziani, negli ultimi anni sono diventati numericamente significativi bangladesi e pachistani. E diverse sono le organizzazioni che rappresentano, o verrebbero rappresentare, questa realtà in costante crescita. Dalla Coreis all’Ucoii, dalla Confederazione islamica italiana al Centro islamico culturale d’Italia, la galassia delle associazioni musulmane è molto diversificata per sigle e posizionamenti religiosi e politici, come hanno dimostrato le due feste per la fine del Ramadan.

Qualcuno, ironizzando su quanto è successo, ha detto: “Dimmi quando hai festeggiato l’Eid al Fitr e ti dirò che musulmano sei”. Qualunque sia la risposta, Eid Mubarak (felice festa) a tutti i musulmani italiani.

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