Il vice procuratore generale israeliano per gli affari internazionali Gilad Noam (a sinistra), la consigliera del ministero degli esteri israeliano Tamar Kaplan (al centro) e la consigliera giuridica dell’ambasciata israeliana nei Paesi Bassi Avgail Frisc. (Nick Gammon, Afp)

Il 17 maggio Israele comparirà davanti alla più alta corte delle Nazioni Unite per rispondere alle accuse mosse dal Sudafrica di aver condotto “un genocidio” nell’operazione militare in corso nella Striscia di Gaza.

Pretoria ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia (Cig) con sede all’Aja di fermare l’incursione da parte dell’esercito israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, che secondo Israele è essenziale per vincere la guerra contro i miliziani del movimento islamista palestinese Hamas.

Israele ha precedentemente sottolineato il suo “incrollabile” impegno nei confronti del diritto internazionale e ha descritto il caso sudafricano come “totalmente infondato” e “moralmente ripugnante”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha giurato di sgominare Hamas, è deciso a lanciare un’offensiva di terra a Rafah, dove ritiene che siano radicati gli ultimi battaglioni del gruppo islamista palestinese.

Iscriviti a
Mediorientale
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
Iscriviti
Iscriviti a
Mediorientale
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
Iscriviti

Il 16 maggio Israele ha annunciato che il suo esercito avrebbe “intensificato” le operazioni di terra a Rafah, nonostante gli avvertimenti internazionali contro un’offensiva su larga scala in questa città sovrappopolata nel sud della Striscia.

Gli avvocati di Pretoria hanno dichiarato alla corte che il “genocidio” commesso da Israele ha “raggiunto un livello orribile”, riferendosi in particolare alle fosse comuni, agli atti di tortura e al blocco degli aiuti umanitari.

“Il Sudafrica sperava, quando siamo comparsi l’ultima volta davanti a questa corte, di porre fine a questo processo per preservare la Palestina e il suo popolo”, ha dichiarato Vusimuzi Madonsela, rappresentante di Pretoria.

“Invece, il genocidio di Israele è continuato senza sosta e ha appena raggiunto un nuovo e orribile livello”, ha aggiunto.

Nuove misure

In una sentenza di gennaio, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di fare tutto il possibile per prevenire qualsiasi atto di genocidio e di consentire l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.

Ma la corte non si è spinta fino a ordinare un cessate il fuoco. Pretoria ritiene che gli sviluppi sul campo – in particolare l’operazione a Rafah – richiedano un nuovo pronunciamento da parte del tribunale.

L’operazione israeliana a Rafah “è l’ultima fase della distruzione di Gaza e del suo popolo palestinese”, ha dichiarato Vaughan Lowe, avvocato sudafricano. “È stata Rafah a portare il Sudafrica in tribunale. Ma sono tutti i palestinesi come gruppo nazionale, etnico e razziale che hanno bisogno della protezione contro il genocidio che il tribunale può ordinare”, ha aggiunto.

Le sentenze della corte, che interviene nel caso di violazioni del diritto internazionale e di controversie tra gli stati, sono legalmente vincolanti, ma non ci sono strumenti per farli rispettare.

Pretoria chiede alla Cig tre nuove misure d’emergenza in attesa di una sentenza sul merito del caso, con l’accusa di violazione da parte di Israele della Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948.

Il Sudafrica vuole che la corte ordini a Israele di cessare “immediatamente” tutte le operazioni militari a Gaza, anche a Rafah, di consentire l’accesso umanitario e di riferire sulle misure adottate per attuare questi ordini.