Città del Guatemala (Johan Ordonez, Afp/Getty)

Il Guatemala si propone come la meta ideale per chi vuole investire alle porte dei grandi mercati nordamericani, scrive la Neue Zürcher Zeitung. L’argomento decisivo è l’onshoring, o friendshoring, cioè la decisione di riportare un’attività produttiva all’interno o vicino al mercato d’origine di un’azienda o comunque in un paese alleato. “In futuro”, spiega il quotidiano svizzero, “i gruppi nordamericani e i fornitori di tutto il mondo cercheranno di avvicinarsi il più possibile agli Stati Uniti invece di investire in Cina, perché temono che la loro filiera produttiva possa essere interrotta da un conflitto tra Washington e Pechino”. Insieme al Messico, i paesi dell’America Centrale rappresentano la meta principale di chi punta al Nordamerica. Secondo le stime della Banca interamericana di sviluppo (Idb), grazie a questo fenomeno presto la regione dell’America Latina e dei Caraibi potrebbe raggiungere un livello di esportazioni di beni e servizi pari a 78 miliardi di dollari all’anno, favorendo soprattutto settori come quello automobilistico, tessile, farmaceutico e delle energie rinnovabili. Il Guatemala, il paese dell’America centrale con il più basso tasso di esportazioni rispetto al pil (14 per cento), vuole sfruttare l’occasione e ha lanciato un programma di incentivi per gli investitori stranieri che si chiama Guatemala no se detiene, il Guatemala non si ferma. È interessata perfino l’industria dello zucchero locale, tradizionalmente chiusa e conservatrice, che vorrebbe fare affari con i grandi gruppi alimentari. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati