Lo scorso 24 giugno un aereo Skyvan partito dagli Stati Uniti è atterrato a Buenos Aires, in Argentina. Il 14 dicembre 1977 lo stesso velivolo, che apparteneva alla prefettura navale argentina, era decollato con dodici persone a bordo, oltre all’equipaggio. C’erano anche tre donne dell’associazione delle madri di plaza de Mayo – Azucena Villaflor, Esther Ballestrino de Careaga e María Eugenia Ponce de Bianco – e due suore francesi. I passeggeri furono gettati in mare: erano stati torturati nei centri clandestini della dittatura, ma erano vivi quando il portellone si aprì sull’oceano. I corpi delle fondatrici delle madri di plaza de Mayo furono trovati sulla costa, 350 chilometri a sud di Buenos Aires, e sepolti con la sigla Nn, _nomen nescio _in latino. Sono stati identificati solo nel 2005. Nel 2017 la giustizia ha condannato all’ergastolo i piloti del volo. Con l’arrivo a Buenos Aires dello Skyvan, rintracciato negli Stati Uniti grazie a un’indagine giornalistica, si è chiuso definitivamente il cerchio.

Questa storia è la prova degli sforzi dell’Argentina per fare i conti con il passato. Dal 1985 la giustizia ha emesso 318 sentenze contro 1.126 persone. Oggi sono in corso sedici processi. La lotta contro l’impunità è stata uno dei pochi impegni che lo stato ha mantenuto nel tempo, a prescindere dall’orientamento del governo in carica. Ma ci sono alcuni segnali d’allarme. La presentazione dello Skyvan davanti ai familiari delle vittime è stata trasformata in propaganda elettorale per la vicepresidente Cristina Kirchner e per Sergio Massa, candidato alla presidenza alle elezioni di ottobre. Si stanno diffondendo anche discorsi negazionisti di politici di estrema destra. L’Argentina deve mantenere la rotta decisa nel 1983 con il ritorno alla democrazia. Senza interferenze politiche. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati