Il film di esordio dei fratelli australiani Danny e Michael Philippou è un horror avvolto su una storia di perdita. Trasmette una sensazione di tristezza che nessun mostro e nessuno squartamento possono cancellare completamente. Talk to me deve molto alla performance in continua evoluzione di Sophie Wilde nei panni di Mia, un’adolescente che ha perso da poco la madre. Incapace di un rapporto con il padre, trova un po’ di conforto nella famiglia della sua migliore amica. Durante una festicciola ha l’opportunità di ricreare un legame con i compagni di scuola da cui si è allontanata. Tra i ragazzi è diventato popolare un gioco sovrannaturale: con la mano imbalsamata di un medium si evocano gli spiriti, ci si fa possedere da loro e si filma il posseduto con i cellulari. I problemi arrivano quando gli spiriti non se ne vanno. Mia si presta al gioco e la sua discesa agli inferi ha qualcosa di ineluttabile. Uno degli aspetti più spaventosi di Talk to me è la plausibilità dei comportamenti degli adolescenti. Spettrale, triste e occasionalmente goffo il film non è perfetto, ma funziona.
Jeannette Catsoulis, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati