Quando l’accademia svedese ha assegnato al norvegese Jon Fosse, 64 anni, il premio Nobel per la letteratura 2023, ha riassunto il suo colossale corpus di opere che abbracciano tutti i generi in poche parole: “Dare voce all’indicibile”. Probabilmente l’accademia intendeva dire che, attraverso le più di quaranta opere teatrali di Fosse, i suoi romanzi, i suoi saggi e i suoi libri per bambini, ciò che è indicibile – la profondità assoluta dell’abbandono, della vergogna, dell’amore e della grazia – è sentito e riconosciuto senza bisogno di essere chiamato per nome, superando la semplice disposizione delle parole su una pagina. Questo è un concetto sicuramente più chiaro se osservato alla luce delle opere di Fosse, molte delle quali troppo poco conosciute. Rivelatorio l’inizio del suo capolavoro in sette libri, Settologia (La nave di Teseo), in cui il protagonista s’interroga sulla possibilità di trascendenza di un dipinto. Per raggiungerla non basta osservarlo nella realtà. Serve uno sforzo di fede o d’immaginazione. Chiamatelo come volete, ma fatelo. The New Yorker

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Questo articolo è uscito sul numero 1533 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati