Non capita spesso che un film ci porti a Ulan Bator. Un motivo di fascino in più per una pellicola ambientata nel freddo glaciale della capitale mongola. La bruma lattiginosa dà corpo a un terribile inquinamento atmosferico dovuto principalmente alle stufe a carbone del quartiere delle yurte, dove abitano i più poveri. Lì vive Ulzii, un adolescente inquieto, terrorizzato dalla prospettiva di una vita in miseria nella città dove il padre, nomade, aveva voluto trasferirsi per garantire un’istruzione ai suoi figli. Poi il padre è morto e la madre si è persa nell’alcol. Il primo film di Zoljargal Purevdash si rifà al realismo sociale ereditato da film come Ladri di biciclette e mescola abilmente la denuncia sociale alla verità dei sentimenti. Il ragazzo deve arrangiarsi e le situazioni intorno a lui rasentano il melodramma. Ma lo sguardo della regista rimane sempre limpido. E mentre guida il suo giovane eroe verso un futuro possibile, apre il suo paese al mondo.
Frédéric Strauss, Télérama

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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati