Un documentario sulla formazione dell’identità trans all’ombra del patriarcato, realizzato da un regista esordiente, allievo di Jacques Derrida. Sulla carta potrebbe sembrare un compitino. Ma Orlando. My political biography del filosofo e scrittore spagnolo Paul B. Preciado è molto di più. Si rivela un inno gioioso e giocoso al modo in cui il transgenderismo evidenzia le finzioni, le duplicità e il conformismo intrinsechi all’ordine sociale, oltre a essere un amorevole tributo all’opera di Virginia Woolf. L’Orlando della grande scrittrice britannica aveva già ispirato il bellissimo film di Sally Potter del 1992, con Tilda Switon. Ma il saggio cinematografico di Preciado, popolato da un cast multicolore, è un perfetto erede dell’autenticità del romanzo, un abbraccio per il pubblico trans ma anche una porta aperta per chi trans non è. Forse non sarà il “capolavoro” a cui inneggia la critica queer B. Ruby Rich, ma è sicuramente il primo film a rendere divertente l’ubriacante teoria del gender.
Ryan Lattanzio, IndieWire

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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati