Da avida consumatrice di violenza cinematografica, devo dare atto al remake di Road house di non voltarsi mai indietro una volta imboccata la via del caos. L’originale del 1989, oltre a Patrick Swayze nel ruolo di Dalton, aveva la pretesa di parlare del trionfo del protagonista sui suoi istinti più selvaggi, mentre lavorava come buttafuori nel Missouri. La versione 2024, con un Jake Gyllenhaal-Dalton ancora più pompato (e sfortunato) di quello di Swayze, non si fa nessun problema di moderazione. Dalton è un ex campione della Ultimate fighting championship (arti marziali varie, senza esclusioni di colpi) che si è ritirato dopo aver ucciso un avversario sul ring. Si è trasformato in una specie di vagabondo sorridente che si ferma nelle Florida Key per lavorare come buttafuori in un bar. Quando cede alla sua rabbia, quello che pensiamo è “finalmente” invece di “oh no”. Gli autori del nuovo Road house sono convinti che il loro pubblico sia lì per le mazzate più che per la filosofia. E probabilmente hanno ragione.
Alison Willmore,Vulture

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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati