Stare all’aperto a Tashkent nelle giornate estive è difficile perché nella capitale uzbeca la temperatura supera i quaranta gradi anche all’ombra degli alberi. Visto che in città ormai ci sono pochissime piscine pubbliche, una soluzione potrebbero essere i parchi acquatici, dove però è più facile scottarsi che avere una bella abbronzatura.

Così gli abitanti cercano l’aria fresca in montagna e nel weekend sulle strade della regione si formano code chilometriche, soprattutto in direzione delle località montane, come Amirsoy, Beldersay e Chimgan e verso le rive del lago artificiale di Charvak. Ovunque si moltiplicano le infrastrutture turistiche. Ma c’è sempre chi, ai posti più gettonati, preferisce la natura incontaminata: il parco nazionale di Ugam-Chatkal o i laghi di alta montagna, dove si sta freschi anche d’estate. Fino a poco tempo fa erano tutti luoghi quasi inaccessibili e frequentati solo da chi era pronto ad affrontare estenuanti procedure burocratiche per ottenere i permessi d’accesso e lunghi sentieri molto impegnativi. La semplificazione delle procedure di ammissione alle aree di confine con il Kazakistan e lo sviluppo del turismo con i fuoristrada hanno permesso a molti di arrivare fino alla valle del fiume Pskem, in alta montagna, e scoprire le sue bellezze naturali.

Il parco nazionale di Ugam-Chatkal. Uzbekistan, 28 maggio 2019 (Zaneta Cichawa, Alamy)

Come corrispondente di Fergana in compagnia del Tashkent off-road travel club ho raggiunto il lago Badak in auto. Il lago si trova a 1.700 metri sul livello del mare ed è racchiuso nell’ampia gola del fiume Badaksay, che scende dalle pendici del monte Tavalgan (3.888 metri), una delle cime dello Pskem. La strada comincia dalle rive del bacino di Charvak, destinazione finale delle colonne d’auto della domenica. Dal villaggio di Charvak bisogna percorrere altri cinquanta chilometri lungo la tortuosa riva settentrionale e proseguire in una valle di montagna fino al villaggio di Pskem. Non ci sono ingorghi, anche perché molte delle auto non riescono a fare nemmeno un chilometro della salita con una pendenza di quasi cinquanta gradi che porta al villaggio di Tepar.

Durante il fine settimana nei tratti più difficili capita spesso di trovare abitanti del posto che offrono un passaggio sulla loro vecchia Niva, il fuoristrada di sovietica memoria, fino ai laghi Urungach, chiamati i laghi di giada, a un’altitudine di 1.227 metri, la principale attrazione locale. Nel 2017 sono stati pubblicizzati dalla televisione nazionale uzbeca come una delle meraviglie del mondo. E in un certo senso lo sono. Sono bastati sei anni perché diventassero un luogo trafficato quasi quanto l’Alay bazar di Tashkent, uno dei mercati più antichi della capitale. Per questo adesso gli ambientalisti stanno combattendo una battaglia contro l’inquinamento causato dai turisti, anche se contrapporsi a questo fenomeno di massa è complicato.

Siamo alla ricerca di aria fresca e di novità, così decidiamo di saltare angoli naturali meravigliosi, ma già visitati in precedenza, come i boschetti di betulle di Aksarsay e il lago di Oromzade, dall’acqua cristallina. Entrambi i lati della strada tortuosa sono costellati di insegne pubblicitarie lampeggianti: dacia Bor, topchan (un mobile da giardino tipico dell’Asia centrale), piscina, barbecue. Cos’altro si può desiderare? A mezzogiorno ci sono “solo” trentasei gradi, invece dei quaranta di Tashkent. Se c’è poca umidità e si sta all’ombra si respira, soprattutto se dalle cime dei monti soffia il vento.

Di fronte al villaggio di Pskem, i turisti che sono riusciti a farsi dare un passaggio attraversano a piedi la passerella pedonale di Taka Engok fino alla riva sinistra del fiume Pskem. Quattro chilometri dopo si arriva alla gola di Badak. Il Tashkent Off-road travel club ha delle auto 4x4 con cui si attraversa un ponte per poi addentrarsi nella gola.

Opportunità ricreative

La riva sinistra del fiume è caratterizzata da un’ampia terrazza collinare con frutteti ed erbe alpine. In estate il tempo non è estremo, anzi è la stagione dell’abbondanza e della fioritura: prugne arancioni e piccole mele cadono dagli alberi, mentre le pere gialle di montagna cominciano a maturare. L’erba è alta fino alla vita ed è colorata dal viola splendente dell’eringio e della lavanda. Davanti a noi si estendono prati di mentuccia e di malva.

Nella valle del fiume Pskem stanno costruendo un impianto idroelettrico. Un’opera indispensabile per i tre milioni di abitanti di Tashkent, dove la carenza di elettricità mette a rischio lo sviluppo e la normale vita quotidiana dei prossimi anni. Questo però compromette la pace della natura incontaminata. Ma c’è un lato positivo: la cascata della centrale idroelettrica porterà alla formazione di nuovi bacini idrici nel profondo canyon del fiume. Oltre al bacino di Charvak, nella regione di Tashkent, in futuro potrebbe sorgere una “riviera d’alta montagna”, capace di offrire opportunità ricreative grazie a questo fattore orografico. A patto che siano realizzate in modo ragionevole.

La gola di Badak è profonda e piuttosto ampia. Il nome deriva dalla parola turca baitak (esteso). Nel fondo scorre un torrente impetuoso di acqua gelata. Le rive sono coperte di canne, una vegetazione fitta e alberi di salice. È un luogo selvaggio dove in autunno si può facilmente incontrare l’orso bruno himalayano. In piena estate invece la boscaglia è attraversata dalle coturnici. Le pareti di basalto grigio della gola sono ripide e contengono rocce rosse risalenti al periodo cambriano, che quando si staccano finiscono nel letto del fiume, ricoprendolo in alcuni punti. All’inizio dell’estate, quando la neve sulle cime dei monti si scioglie e i temporali sono ancora frequenti, le pietre lungo il fiume favoriscono la formazione di veri e propri laghi. È per questo che a volte si sente parlare di “laghi Badak”.

Il lago Badak, per la sua ampiezza, corrisponde pienamente al suo nome: è lungo più di un chilometro, largo trecento metri e ha una profondità massima di 23 metri. Ha una portata idrica di 4,2 milioni di metri cubi. La temperatura dell’acqua nelle giornate estive è di otto gradi.

I tour operator amano esaltare il suo colore, ma non c’è niente di soprannaturale visto che la tonalità di qualsiasi superficie d’acqua varia notevolmente in base alla luce, al tempo e all’orario della giornata. Le foto del lago scattate durante questo viaggio dalla fotografa amatoriale Anna Kulagina mostrano che nei pomeriggi estivi, se il cielo è sereno, il lago è color smeraldo.

Perciò se i laghi di Urungach sono chiamati “laghi di giada”, il lago Badak può essere tranquillamente chiamato “lago di smeraldo”, incastonato nel platino, il colore della conca di pietra che lo contiene. Le rive sono quasi spoglie, a parte un piccolo bosco di betulle nella parte alta, alla confluenza con il letto del fiume, dove le piene primaverili sono riuscite a formare uno strato di terreno fertile.

Mille metri più in alto, dietro le creste della catena dello Pskem, a più di 2.500 metri di altezza, se ne stanno ben nascosti i laghi di Ikhnach, i più sorprendenti della regione di Tashkent. Ma arrivarci con il fuoristrada è impossibile. Ci vorrebbe un elicottero.◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati