La mia famiglia giunse qui con una visione marxista

Mia madre riempì subito la casa di folletti ornamentali
Pesò i pro e i contro dell’albero di Natale in plastica
come se fosse problema suo

Di giorno distingueva tra vocali lunghe e brevi
come se il suono che usciva dalla sua bocca
potesse lavarle via l’olio d’oliva dalla pelle

Mia madre colava candeggina attraverso la sintassi
Dall’altro lato della punteggiatura le sillabe le divennero
più bianche di un inverno polare

Mia madre a noi costruì un futuro di alta quantità di vita
Nella cantina del villino di periferia allineava conserve
come prima di una guerra

Di sera sbucciava patate e cercava ricette
come se la sua storia fosse decifrabile
in quella del gratin alle aringhe

Pensa che ho succhiato questo seno
Pensa che ha ficcato la sua barbarie nella mia bocca.

Athena Farrokhzad è una poeta, drammaturga, traduttrice e critica letteraria nata a Teheran, in Iran, nel 1983 ed emigrata da bambina in Svezia, dove vive. Questa poesia è tratta dalla sua prima raccolta, Vitsvit (“Suite bianca”, Albert Bonniers Förlag 2013). Traduzione dallo svedese di Dario Borso.

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Questo articolo è uscito sul numero 1537 di Internazionale, a pagina 115. Compra questo numero | Abbonati