Jim Chilton ha 84 anni. Nel suo ranch immenso le strade sterrate e i pascoli portano i nomi di quattro generazioni di allevatori della sua famiglia. Eppure oggi, mentre si prepara ad attraversare in macchina i suoi terreni nel sud dell’Arizona, vicino al confine con il Messico, Chilton non ha idea di cosa aspettarsi. Ha deciso di portare con sé una pistola, nel caso in cui dovesse incontrare di nuovo i trafficanti del cartello di Sinaloa, ma anche bottiglie d’acqua per aiutare i migranti che di recente ha avvistato nel deserto di Sonora, smarriti e assetati. “Hai preso il telefono satellitare?”, gli chiede la moglie Sue, 81 anni. In gran parte del ranch non c’è campo. Le case più vicine sono a molti chilometri di distanza. “Sì, ce l’ho. Ma se non mi faccio sentire significa che va tutto bene”, risponde lui.

Il programma di oggi prevede di controllare tre cisterne d’acqua isolate e ritrovare delle mucche che si sono perse. Compiti abbastanza semplici in un posto dove negli ultimi mesi tutto è diventato molto complicato. Chilton appoggia sul cofano del suo pick-up una mappa dell’Arizona. Mostra alla moglie il percorso che ha tracciato attraverso i pascoli, un’area grande tre volte Manhattan, poco lontano da Arivaca. Il suo dito scorre sopra una desolata catena montuosa, attraversa sei canyon e poi i nove chilometri della proprietà lungo il confine con il Messico, uno dei punti più trafficati nella nuova ondata migratoria.

“Sei sicuro di avere tutto quello che ti serve?”, gli chiede la moglie. Lui rovista nel fuoristrada alla ricerca del kit di pronto soccorso, poi controlla di nuovo le provviste. “Ho tutto”, assicura. “Immagino che dipenderà da com’è il confine oggi”, risponde Sue. Dice che la crisi in corso alla frontiera le ricorda una vecchia leggenda popolare in cui un gruppo di ciechi incontra un elefante: uno di loro tocca la proboscide e pensa di avere davanti un serpente; un altro mette la mano su una zampa e pensa che sia un albero; l’ultimo afferra la coda e si convince che sia una corda.

I Chilton hanno passato gli ultimi anni cercando di svelare i misteri che li circondano e di comprendere meglio una situazione che sembra peggiorare costantemente. Nei pascoli hanno trovato droga e almeno 150 sentieri creati dai contrabbandieri, così hanno installato telecamere di sicurezza e hanno comprato armi per i cinque mandriani che lavorano nella proprietà. Quando questi hanno cominciato a incontrare gruppi di migranti, i Chilton hanno piazzato bottiglie d’acqua nel deserto. Ogni mese le telecamere riprendono centinaia di uomini che passano nella proprietà indossando abiti mimetici. Anni fa Jim e Sue hanno testimoniato davanti al congresso e hanno accolto con favore la promessa di Donald Trump di costruire un muro, nella speranza che potesse arginare il flusso di persone che entrano nei loro terreni.

Ma oggi il numero di migranti che attraversano il confine è più alto che mai. A dicembre del 2023 sono stati 302mila, il dato mensile più alto di sempre. Ogni notte la crisi porta nuovi pericoli e nuova disperazione nel ranch. I Chilton stanno ancora cercando di comprendere l’elefante nella sua interezza. È un disastro umanitario? Un problema di narcotraffico? Un pericolo per la sicurezza nazionale? Una guerra tra cartelli? La conseguenza di una battaglia politica in vista delle elezioni presidenziali?

“Tornerò tra cinque o sei ore”, promette Chilton alla moglie, prima di avviarsi lungo una strada sterrata, in direzione sud.

Bottiglie e felpe

La strada si trasforma presto in un sentiero pieno di buche, che a un certo punto scompare tra le gole rocciose. La casa dei Chilton è ad appena quindici chilometri dal confine con il Messico, ma per raggiungere la frontiera bisogna attraversare le montagne Atascosa. A volte non bastano due ore di macchina. La terra dove oggi si trova il loro ranch è sempre stata selvaggia e contesa. Rivendicata dai nativi pima e apache, colonizzata dalla Spagna e poi conquistata dal Messico, infine comprata dagli Stati Uniti nel 1854.

Chilton guida tra le miniere d’argento abbandonate e mi mostra il terreno dove un tempo c’era una comunità hippy. Fino alla fine degli anni ottanta ci vivevano decine di studenti universitari, lontano dalla civiltà. Poi la famiglia Chilton ampliò l’attività e comprò i diritti di pascolo fino al confine.

Lungo la strada Chilton nota decine di bottiglie d’acqua vuote e felpe abbandonate. Sono le ultime prove del passaggio dei migranti. Il ranch è da sempre un punto di transito, ma di recente la polizia di frontiera ha stimato che ogni giorno circa 250 persone entrano nelle aree più remote della proprietà dopo aver attraversato il confine con l’aiuto di guide che lavorano per il cartello di Sinaloa.

Chilton scende nel Chimney canyon, dove qualche anno fa un agente di frontiera è stato ucciso con cinque colpi di fucile da un gruppo di narcotrafficanti. Poi continua a guidare su una collina dove una volta ha sentito il grido d’aiuto di un bambino honduregno, lo ha seguito fino a trovare la madre, malata di diabete e in fin di vita.

Si ferma per controllare una cisterna d’acqua all’ombra della barriera d’acciaio, alta dieci metri, costruita quando Trump era presidente. Qualche anno fa nello stesso punto uno dei mandriani del ranch è stato aggredito dai trafficanti. Secondo il suo racconto, lo hanno minacciato, dicendogli che avrebbero ucciso la sua famiglia se non avesse accettato di trasportare droga. Gli uomini del cartello hanno nascosto venti chili di metanfetamina nella ruota di scorta dell’auto del cowboy, che ha continuato a fare il corriere fino a quando non è stato arrestato dalla polizia di frontiera.

“Quando pensi di aver visto tutto, questo posto riesce a sconvolgerti ancora”, dice Chilton. Poi imbocca una strada dissestata che scorre parallela alla barriera di confine, guidando per qualche altro chilometro. Si ferma quando nota il fumo di un falò. “Qui non dovrebbe esserci nessuno”, dice. È il punto più isolato di uno dei ranch più isolati d’America, ma avvicinandosi Chilton conta più di 45 persone sedute intorno al fuoco. Alcuni bambini gridano in francese. Una donna prega in arabo. “Che diavolo sta succedendo?”, si chiede Chilton.

Jim Chilton con la moglie Sue, 11 gennaio 2024 (Erin Schaff, The New York Times/Contrasto)

Mani in alto

Brian Best riconosce il pick-up di Chilton e si allontana dal fuoco per raggiungerci. Ha 64 anni e vive a Tucson. Di recente ha cominciato a venire due giorni alla settimana in questa zona di confine. È il primo statunitense, e a volte l’unico, che i migranti vedono dopo aver attraversato la frontiera. Paragona l’attuale ondata migratoria ai fiumi che hanno scavato i canyon nel deserto di Sonora, con una forza così costante e potente da riuscire ad aprirsi un varco. Oggi lungo il muro di confine ci sono scale di corda, piccoli tunnel e varchi che devono essere sigillati. Ogni settimana i trafficanti creano un nuovo passaggio, come la buca di un metro per un metro che porta a un pezzo di terra coperto di cactus e mesquite all’interno del ranch dei Chilton.

Nelle ultime ore Best ha visto le guide condurre verso quel passaggio più di 170 persone, tra cui decine di donne e bambini che ci raccontano di voler presentare richiesta d’asilo negli Stati Uniti. Sono in fuga dalla guerra civile in Sudan, dalla discriminazione del sistema delle caste in India, dalla fame nella Guinea rurale e dalla criminalità organizzata in Albania.

“È surreale”, dice Best rivolgendosi a Chilton, che ha appena parcheggiato l’auto e ha abbassato il finestrino.

“È una specie di piccolo raduno delle Nazioni Unite, in mezzo al nulla”, risponde Chilton. “Non ho mai visto niente di simile”.

“Nemmeno io, fino al mese scorso”, spiega Best. “Ora invece mi sto abituando”. Da molti anni Best fa volontariato al confine, con l’associazione Tucson samaritans. All’inizio il lavoro era tranquillo e prevedibile. Insieme ad altri volontari lasciava acqua, vestiti, kit di pronto soccorso e viveri lungo le centinaia di percorsi battuti dai migranti attraverso il deserto, piantando croci nei punti in cui qualcuno moriva a causa della disidratazione. Raramente incrociava i migranti, perché il flusso era limitato. Quelli che incontrava erano quasi tutti uomini in età da lavoro provenienti dal Messico e dall’America Centrale, che durante la notte seguivano i tragitti più isolati per sfuggire alla polizia di frontiera.

Jim Chilton nella sua proprietà, vicino alla barriera di confine, 9 gennaio 2024 (Erin Schaff, The New York Times/Contrasto)

Dopo l’inizio della pandemia l’amministrazione Trump ha usato una norma chiamata Titolo 42 per espellere i migranti senza dargli la possibilità di presentare richiesta d’asilo. Nei tre anni successivi sono stati approvati quasi tre milioni di respingimenti, ma nel maggio 2023, quando l’amministrazione Biden ha lasciato che scadessero i termini per l’applicazione del Titolo 42, la frontiera è tornata a essere gestita come prima. Di conseguenza la maggioranza dei richiedenti asilo può restare negli Stati Uniti in attesa di ricevere una risposta.

Questo cambiamento spiega perché Best ha cominciato a incontrare gruppi numerosi vicino al confine. Quasi sempre tra loro c’erano donne e bambini arrivati da tutto il mondo.

Invece di addentrarsi ulteriormente nel deserto, spesso i migranti restano vicino alla barriera, in attesa di essere arrestati e di poter presentare la richiesta d’asilo. A Best chiedono indicazioni su come raggiungere la stazione di polizia più vicina, non solo in spagnolo ma anche in mandarino, pashtu, urdu e indi. Quasi uno su due arriva dall’Africa occidentale o dall’Asia. Alla fine di dicembre del 2023 il dipartimento della polizia di frontiera di Tucson intercettava quasi ventimila migranti alla settimana, con un aumento del 300 per cento rispetto all’anno precedente, dieci volte di più rispetto alla media del 2021.

John Modlin, capo della polizia di frontiera di Tucson, ha usato “tutto il personale disponibile” per affrontare la crisi, anche se questo ha significato impiegare agenti ancora in fase di addestramento, chiudere i checkpoint e ridurre l’attività di pattuglia. Negli ultimi mesi la polizia è tornata nel ranch di Jim Chilton. Modlin ha testimoniato davanti al congresso, spiegando che “mentre i nostri uomini sono impegnati ad arrestare o a salvare i migranti, ampie aree del confine restano indifese”.

Anche se sono state stanziate più risorse, la polizia di frontiera non è in grado di tenere il passo di quello che Modlin considera “un flusso senza precedenti”. Un furgone impiega almeno due ore per attraversare il ranch dei Chilton e prelevare un gruppo di migranti, che solitamente sono registrati in una struttura di confine e rilasciati con un appuntamento per presentarsi in tribunale (di regola dopo circa un anno). Ma intanto il numero di persone che entrano nel ranch continua a crescere, creando un “ingorgo”. A volte a decine sono costrette ad aspettare per una notte intera, senza acqua, cibo, vestiti adeguati e la possibilità di comunicare con le famiglie.

Best distribuisce barrette energetiche e frutta mentre una madre e il figlio di quattro anni disegnano facce sorridenti nella sabbia con dei bastoncini di legno. Poi aggiunge legna al falò. Un gruppo di uomini arrivati dalla Guinea si toglie i calzini per scaldarsi i piedi. Spiegano di aver usato i risparmi di una vita per volare da Istanbul a Bogotá e poi in Nicaragua. Hanno trascorso dodici notti nel deserto messicano prima di attraversare il confine con l’aiuto dei criminali locali, che gli hanno rubato il poco denaro che gli restava prima di indicargli come superare le barriere.

“Qualcuno verrà a prenderci ?”, chiede uno di loro a Best, in inglese. Il volontario risponde che spera di sì, ma che non può promettere niente. In situazioni d’emergenza medica gli è capitato di accompagnare qualcuno alla stazione di polizia, ma trasportare persone senza documenti lungo il confine è molto rischioso a livello legale. E poi la sua macchina ha solo tre posti, mentre lì ci sono decine di migranti. “Questo posto ti spezza il cuore ogni giorno”, dice Best parlando con Chilton. “Sono stremati, a volte malati. Sono confusi e hanno freddo, ma sono costretti a stare qui ad aspettare. Che razza di sistema è questo?”.

“Stai lavorando per conto di Dio”, risponde Chilton. “Se fossi nato in uno di quei paesi, probabilmente anch’io sarei qui a dormire all’aperto”.

Quando il sole precipita oltre l’orizzonte, la temperatura scende intorno ai quattro gradi. Osservando il territorio messicano oltre il muro, Chilton nota gli uomini dei cartelli appostati su una collina, mentre un altro gruppo di migranti si appresta ad attraversare la frontiera. È già in ritardo di un’ora, la moglie lo sta aspettando. Stringe la mano di Best e mette in moto il furgone. “Mi piacerebbe avere una soluzione”, dice. Poi si dirige verso il lato opposto del suo ranch.

Gli ordini di Dio

Qualche giorno dopo Chilton sta ancora pensando a quello che ha visto vicino al muro di confine. Ha invitato Lowell Robinson, il capo mandriano del ranch, a prendere un caffè. Robinson, che ha 56 anni, ha passato gran parte della sua vita in una casa a poche centinaia di metri dalla frontiera, studiandola dal suo portico. “Tutte quelle persone erano smarrite”, gli dice Chilton. “Forse sarebbe meglio accogliere legalmente più immigrati ogni anno. Due milioni? Tre? Non lo so, continuo a pensarci”.

Fatma è stata scelta dalla famiglia perché era incinta e perché aveva imparato l’inglese da bambina guardando i cartoni animati statunitensi

“Dobbiamo rispettare tre ordini che ci ha dato Dio: occuparci delle vedove, degli orfani e dei viandanti”, risponde Robinson. “Che razza di persone siamo se non riusciamo a fare nemmeno questo?”.

Per cinquant’anni Robinson e la sua famiglia hanno avuto un ranch vicino a quello dei Chilton, che lui gestiva con suo padre e i suoi figli. Il bestiame pascolava su settemila ettari al confine con il Messico. Inizialmente pensava che la geografia gli avesse fatto “un regalo”, perché vivendo in quella zona aveva imparato a parlare lo spagnolo e in poco tempo poteva raggiungere in macchina le spiagge del Messico. Scambiava capi di bestiame e macchinari con gli allevatori messicani. Ma nell’ultimo decennio il cartello di Sinaloa ha preso il controllo di alcune aree del confine. A quel punto lui si è ritrovato ad avere a che fare con una delle principali organizzazioni criminali del mondo.

Robinson racconta che negli ultimi anni il cartello è entrato nel traffico di esseri umani, approfittando della crescente instabilità internazionale e del cambiamento delle politiche migratorie negli Stati Uniti. Secondo un’indagine del dipartimento della sicurezza nazionale, i guadagni complessivi di questa attività sono passati da 500 milioni di dollari nel 2018 a 13 miliardi nel 2021. “Nessuno attraversa il confine senza pagare i cartelli”, ha detto Modlin al congresso nel 2023. “I cartelli stabiliscono quando è il momento di passare la frontiera e quante persone possono farlo. Controllano tutto”.

Vendere e scappare

In passato Robinson se ne stava seduto nel portico di casa con un binocolo a osservare le guide armate che scrutavano i suoi terreni. Alcuni dei vicini messicani se ne sono andati perché i cartelli si stavano impossessando della terra. Nella proprietà di Robinson i trafficanti hanno distrutto le recinzioni, appiccato incendi e rotto le condutture d’acqua, provocando ogni anno danni per più di 25mila dollari.

Mentre il flusso migratorio aumentava tra il 2021 e il 2023, i migranti hanno cominciato a presentarsi direttamente davanti a casa sua. C’erano donne che erano state aggredite e gli chiedevano aiuto, convinte che la sua casa fosse una stazione della polizia di frontiera. Altre volte si presentavano dei bambini dicendo che i loro genitori erano morti. Robinson e la moglie offrivano ai migranti mele e arance nell’attesa che arrivassero gli agenti. “Per me è stato un accumulo costante di stress”, racconta. “Ce ne stavamo lì ad aspettare la prossima tragedia. Quella situazione mi stava consumando. Sono diventato irascibile e nervoso”.

Alla fine la moglie lo ha lasciato dopo trentasei anni di matrimonio e si è trasferita dai genitori in California. La figlia, veterinaria, è andata a vivere in Texas. I suoi figli maschi hanno smesso di occuparsi del ranch. Così Robinson è rimasto solo nei pascoli a cui aveva dedicato tutta la vita. L’unica scelta possibile era vendere. Nel 2023, quando un agente immobiliare ha organizzato una visita della proprietà, molti migranti sono entrati nel terreno. Lui si è ritrovato a sperare che i potenziali acquirenti si tirassero indietro, ma alla fine la vendita è andata a buon fine. Quindi oggi si occupa del bestiame di altri. “Non mi interessa più essere il capo”, spiega. “Mi basta poter montare a cavallo ogni giorno per giocare a fare il cowboy senza dovermi preoccupare della crisi dell’immigrazione. Ti giuro, è un sollievo”.

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“Comincio a capirti”, dice Chilton. Anche lui ha pensato di vendere il ranch, considerando la possibilità di spostarsi più vicino agli amici di Tucson o ai nipoti che vivono a Los Angeles. Ma lavora nel ranch da quando aveva cinque anni. Una volta, quando era più vicino agli ottant’anni che ai settanta, è stato disarcionato e si è rotto quattro costole, ma è tornato a cavallo appena ha potuto. “Cowboy si nasce, non si diventa”, si legge su una targa appesa a un muro della casa dei Chilton. Jim è convinto che la sua personalità sia plasmata da un ostinato attaccamento alla terra e a quello stile di vita. Negli ultimi tempi ha denunciato gli ambientalisti che contestavano i suoi diritti di pascolo, ha abbattuto selettivamente alcuni animali per permettere alla mandria di sopravvivere a una serie di siccità storiche e ha ucciso e impagliato un puma che aveva attaccato i suoi vitelli.

Per risolvere i suoi problemi legati alla situazione al confine ha cercato aiuto. Ha invitato i politici a visitare il ranch e ha sostenuto la costruzione del muro. Ma al momento la barriera non è ancora stata completata, mentre in altri punti è piena di buchi. E la polizia di frontiera si sta preparando per un nuovo record di richieste d’asilo. Nonostante trent’anni di sforzi, Chilton sente che il suo ranch non è mai stato così vulnerabile. Oggi ha deciso di analizzare le immagini delle telecamere che ha nascosto lungo cinque percorsi seguiti dai migranti (su un totale di 150). Accende il computer e chiama la moglie in cucina per guardare insieme i filmati. Sullo schermo appare un gruppo di dodici uomini in abiti mimetici, con brandelli di tappeti legati alle suole per non lasciare orme nel deserto e impedire agli agenti di frontiera di seguirle. Poi è il turno di un uomo che secondo Jim lavora per i cartelli. Lo dimostra il fatto che porta con sé un telefono satellitare, un pannello solare, occhiali per la visione notturna e un fucile. All’una di notte passa un adolescente che cammina da solo. Poi tocca a un gruppo di uomini che sudano sotto il peso di grossi zaini. Secondo la polizia di frontiera, a volte gli zaini contengono droghe come il fentanyl o la metanfetamina, ma di solito sono pieni d’acqua, provviste, vestiti e medicine. Le immagini mostrano poi alcuni membri di una banda locale che perlustrano i sentieri per derubare i migranti o le guide, un anziano che non riesce ad appoggiare la gamba destra, una persona che si avvicina a una telecamera e la punta verso il cielo, appena venti minuti dopo che Jim l’aveva nascosta in un albero. Questo significa che lo stavano osservando.

In totale le telecamere hanno inquadrato più di mille individui sui cinque sentieri. È solo una minima percentuale di quello che le Nazioni Unite considerano il più massiccio flusso globale di migranti dagli anni cinquanta, con milioni di persone in fuga dalla criminalità, dai problemi economici e dall’instabilità politica in tutto il mondo.

Donne in difficoltà

Sue si alza dalla sedia e Jim la segue in camera da letto. La casa è costruita su un pendio e ha diciotto finestre da cui si può guardare il ranch in tutte le direzioni, per tenere d’occhio le mandrie che attraversano il deserto e le tempeste in arrivo dal Messico. Un tempo Chilton diceva che la linea dell’orizzonte era il loro recinto. Per anni ha trovato pace nella solitudine. Ma ora, mentre il sole si nasconde dietro le montagne, osserva la luce fioca del tramonto e si chiede chi sia nascosto in quelle terre e quale sarà la prossima emergenza nel ranch.

Ultime notizie
Conflitto politico

◆ L’immigrazione sarà uno dei temi più importanti della campagna elettorale per le presidenziali. Nel 2023 sono entrate nel paese dal confine meridionale 2,5 milioni di persone, il dato annuale più alto di sempre. Le difficoltà nel gestire questo flusso sono state sfruttate a fini politici dai repubblicani, che all’inizio del 2023 hanno cominciato a mandare pullman pieni di migranti appena entrati nel paese verso le città del nord, governate da amministratori democratici. Secondo sondaggi recenti, l’immigrazione è il problema che preoccupa di più l’opinione pubblica.

◆ A inizio febbraio rappresentanti democratici e repubblicani hanno raggiunto un accordo al congresso per riformare la gestione degli ingressi nel paese. Il provvedimento avrebbe reso più difficile ottenere asilo e avrebbe facilitato le espulsioni e avrebbe stanzato nuovi fondi per la polizia e per i tribunali che valutano le richieste dei migranti (l’amministrazione Biden è stata criticata da sinistra per aver accettato misure repressive). Ma la proposta non è passata a causa dell’opposizione della fazione più radicale del Partito repubblicano, che non accetta la collaborazione con i democratici. Il 7 marzo, durante il discorso sullo stato dell’unione, Biden ha accusato Donald Trump, che sarà il candidato repubblicano alle presidenziali, di aver fatto saltare l’accordo. Texas Observer


Un’altra notte. Altre centinaia di persone entrano nella proprietà. Fatma Ali ha appena attraversato una breccia nel muro. Ora è seduta su una roccia e raccoglie le sue cose. La temperatura è appena sopra lo zero, più bassa di quanto lo sia mai stata in Ciad, il suo paese. La donna osserva una mucca che pascola in lontananza, poi un cartello che segnala i 22 chilometri di distanza dalla stazione della polizia di frontiera di Sasabe. Ma il gruppo di Fatma, composto da una ventina di africani, è in cammino da molte ore e non ha più le forze per proseguire.

Uno di loro ha la febbre alta. Un altro ha una caviglia malconcia. C’è anche un bambino di due anni che non ha mangiato niente per tutto il giorno. Rania Mohamed, una donna sudanese incinta, si stringe il ventre sdraiata su un asse di legno. Per qualche ora continua a svenire e risvegliarsi, fino a quando arriva un furgone della polizia di frontiera. “È frastornata, abbiamo camminato moltissimo”, spiega Fatma a due agenti. “È malata e sfinita. È incinta e sente molto dolore”.

“Che tipo di dolore?”, chiede un agente. “È acuto o è una specie di pressione?”.

“Dice che è una pressione”, risponde Fatma. “Molta pressione”.

“A che punto è della gravidanza?”.

I numeri
Casi arretrati nei tribunali che esaminano le richieste d’asilo degli immigrati, ultime tre presidenze, milioni (Fonte: the economist)

“Nono mese”.

I poliziotti discutono sul da farsi mentre Fatma tiene la testa di Rania e prega con lei in arabo. L’ospedale più vicino è ad almeno due ore di guida su una strada sterrata e sconnessa. Gli agenti temono che gli urti possano indurre il travaglio, sempre che non sia già in corso. Uno di loro chiama i pompieri, che però non possono percorrere con i camion la strada ripida che segue il confine. Un altro agente cerca di trovare un punto in cui far atterrare un elicottero.

“Dio ci proteggerà”, dice Fatma a Raina in arabo. È la stessa frase che ripete a se stessa da tre mesi, da quando i suoi parenti hanno messo insieme la somma necessaria per consentire a un componente della famiglia di fuggire dagli abusi e dalla povertà del Ciad rurale. È stata scelta lei perché era incinta e perché aveva imparato l’inglese da bambina guardando i cartoni animati statunitensi. Così ha preso un aereo per Bogotá, dove ha incontrato alcune guide dei cartelli che si spacciavano per agenti di viaggio. Da qualche parte tra il Nicaragua e l’Honduras ha avuto un aborto spontaneo. In Messico è stata derubata. Dopo 52 giorni di viaggio è arrivata negli Stati Uniti senza avere un piano né una meta.

Le uniche persone che conosce nel paese sono quelle con cui ha percorso l’ultimo tratto del cammino. Una di loro adesso è stesa sulla schiena e si contorce dal dolore all’interno del ranch dei Chilton. Un agente si rivolge a Rania dicendole “tieni gli occhi aperti”, poi chiede a Fatma di tradurre. “Vogliamo che resti cosciente, ok? Quando ha mangiato l’ultima volta?”.

“Due giorni fa”, risponde Fatma. “Abbiamo mangiato un po’ di pollo fritto”.

“Pensa di essere in travaglio?”.

“Non ne è sicura”, continua Fatma, prima di spiegare che Rania è anemica e che nelle tre gravidanze precedenti ha avuto bisogno di un cesareo.

“Va bene, allora dobbiamo muoverci”, risponde l’agente. Poi carica le due donne e il bambino nel furgone e chiede agli altri di aspettare lì. Sono queste le decisioni che bisogna prendere ogni sera al confine: chi mettere al sicuro e chi abbandonare nel deserto fino al prossimo turno.

Il furgone si avvia lungo la strada, incrociando altri migranti. Qualcuno sta scavalcando il muro con l’aiuto di una scala di corda. Altri si affollano intorno ai falò. A decine si avvicinano al furgone chiedendo un passaggio, toccando i finestrini e piangendo. Molti dicono di essere malati. Tutti sono esausti. Hanno freddo, sono smarriti e confusi. Ma il furgone non si ferma, fino a quando i fari posteriori scompaiono oltre la collina e tutt’intorno si fa di nuovo buio. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati