Anche se spesso narra di italiani poveri del passato, Andrea Ferraris, confondendo temporalità e latitudini, metaforizza gli ultimi del mondo come a voler sottolineare un’evidenza che dimentichiamo costantemente. Vale a dire che siamo tutti un unicum seppur con alcune differenze che rendono il mondo più bello. Quindi è coerente raccontando il faticoso pellegrinaggio per adottare una bambina indiana nel precedente Una zanzara nell’orecchio, passando dal bianco e nero espressionista dei suoi romanzi storici al presente con colori variopinti. Non è strano, l’autore è genovese. Genova in particolare e la Liguria in generale, sono uno strano caso di sud che sta al nord. Ecco perché in Temporale racconta gli emarginati della provincia italiana di oggi coniugando magistralmente colori variopinti ed espressionismo. A metà libro si capisce di aver davanti un capolavoro: quindici capitoli scorrevoli ma di grande intensità, quasi tutti degli haiku reinventati. Pregnanti, perché pare di stare in osmosi con questa comunità di giovani del mondo rurale. Un mondo con dentro tutte le paure e le frustrazioni assorbite dalle politiche delle destre populiste, ma anche con alienati e falliti apparenti perché di grande autenticità, anarchici capaci di leggere la realtà del mondo circostante e inglobare chi è straniero se disposto al contatto. E la natura dell’uomo e la natura di animali e piante si fanno tutt’uno. Universali. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1552 di Internazionale, a pagina 85. Compra questo numero | Abbonati