“Mia figlia di sedici anni ha pubblicato un post sulle auto e qualcuno ha commentato: ‘Torna in cucina’. È rimasta sconvolta, ma il commento non è una violazione della nostra policy e questo utente continuerà a diffondere misoginia”. Due anni fa Arturo Béjar, ingegnere che lavorava per la Meta, scriveva questo messaggio a Mark Zuckerberg, denunciando la fatica di tanti adolescenti davanti ai commenti negativi o misogini, anche se non abbastanza violenti da essere censurabili. Pochi giorni fa Béjar ha testimoniato davanti al senato statunitense. La sua tesi: la Meta conosceva da anni i danni che i suoi prodotti stavano causando ai minori, ma ha scelto di non occuparsene. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati