Non è affatto facile parlare di “politicamente corretto”, “cancel culture” o “shitstorm”. Il dibattito è strutturalmente inquinato dai termini che lo definiscono, i quali non designano oggetti precisi, ma sono piuttosto qualificazioni polemiche di fatti o fenomeni diversi. È questa una delle conclusioni a cui si arriva alla fine della lettura di questo libro, ricco repertorio di episodi nati dalla polemica e all’origine di altre infinite discussioni mediatiche. Lo ha scritto il giornalista Davide Piacenza a partire dalla sua newsletter Culture Wars (espressione che definisce in modo più oggettivo l’insieme dei fenomeni analizzati) in cui cerca di descrivere il “cambiamento di codici e sensibilità sociali dell’era algoritmica”. Della newsletter conserva la focale ampia e il carattere di atlante più che di saggio interpretativo. Alcune convinzioni, tuttavia, sono espresse chiaramente e scandiscono la divisione in capitoli. Primo: il mondo sta davvero cambiando e certe posizioni o espressioni risultano ormai insopportabili a individui e gruppi. Secondo: la responsabilità principale ce l’hanno i social network che per ragioni economiche sono “macchine per farci litigare”. Terzo: mentre a sinistra i rappresentanti delle minoranze dominate tendono a oscurare i rappresentati, a destra si spacciano teorie del complotto e si monopolizza il dibattito sulla libertà di espressione. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati