Stelvio in Val Venosta è un paesino di montagna di cui, scherzando, si dice spesso che è talmente ripido che perfino le galline hanno bisogno dei ramponi. Ma quanto a pendenza, Ponza non è da meno. 

A Ponza, capoluogo delle isole Pontine, nel mar Tirreno, i ramponi però non servono. E anche le galline sono rare. Al posto del loro starnazzare si può sentire ragliare un asino solitario, abbaiare qualche cane e soprattutto i clacson dei motorini negli strettissimi vicoli.

I ponzesi non temono le strade strette. Fare retromarcia con il 30 per cento di pendenza per loro è normale: basta incastrare la sigaretta in un angolo della bocca, e via. Ovviamente le auto sull’isola sono tutte graffiate. Ma i turisti non devono preoccuparsene: non possono portare la propria auto a Ponza, dove circolano solo gli autobus e i mezzi privati dei residenti.

Nei giardini sulla collina, per quanto piccoli, c’è sempre posto per una bougainvillea rigogliosa, un melograno, un fico, un oleandro oppure una vite. Uno scenario superato come bellezza solo dalla vista sul mare e sul porticciolo.

La scogliera arriva a un’altezza di cento metri. In lontananza si vedono le altre isole e vicino alla costa affiorano piccoli scogli chiamati formiche. I turisti italiani vengono qui per fare il bagno e le immersioni, a volte anche solo per il fine settimana. Sono tanti i traghetti che arrivano su queste isole tra Roma e Napoli, distanti appena cinquanta chilometri dalla terraferma. Ponza, Gavi, Palmarola, Zannone, Ventotene, Santo Stefano sono abitate dall’antichità. Per l’impero romano erano strategiche: servivano a contrastare l’influenza degli etruschi nel mar Tirreno. Dopo i romani sono arrivati i monaci, i pirati e nel settecento i Borbone, i cui edifici dai colori pastello caratterizzano ancora adesso il panorama dell’isola. Oggi sono solo quest’ultima e Ventotene a essere abitate tutto l’anno.

Ponza, con poco più di tremila residenti, offre ai turisti un’immagine da cartolina: piccoli bar, gelaterie, ristoranti e alberghi a gestione prevalentemente familiare. Ci s’incontra sul lungomare, lungo corso Pisacane per un caffè, un aperitivo o solo per fare due chiacchiere. I residenti si conoscono tutti e ognuno ha bisogno dell’altro, soprattutto durante l’inverno.

Le cisterne

A fine estate i negozi chiudono e restano aperti solo alcuni piccoli negozi di prodotti alimentari, i forni, i bar frequentati dalla gente del posto, la farmacia e ovviamente la chiesa. Poi ci sono anche le scuole materne ed elementari. I ragazzi più grandi, invece, prendono il traghetto e vanno negli istituti sulla terraferma.

Dorothea Schlutz viene da Kiel, nel nord della Germania, e vive qui tutto l’anno. Suo marito è di Ponza. Si sono conosciuti a Parigi, in Francia, e quando lei è rimasta incinta si sono trasferiti sull’isola, dove ora gestiscono una piccola agenzia di viaggi.

Tra le loro proposte c’è anche il tour delle cisterne romane, scavate nella roccia. Due di loro si possono visitare nel centro storico del paese. Schlutz apre una porticina che nasconde una scala ripida verso i grandi serbatoi, che un tempo facevano parte di un sofisticato sistema di acquedotti. L’isola non ha fonti d’acqua potabile. “In epoca romana”, spiega Schlutz, “c’erano trentadue cisterne che rifornivano le villae rusticae, le case coloniche”.  Nelle cisterne i romani mettevano le anguille affinché mangiassero le alghe e mantenessero pulita l’acqua. Se i pesci stavano bene significava che l’acqua era in buone condizioni. Ancora oggi molte case hanno delle cisterne. “Conosco degli anziani che non bevono l’acqua delle bottiglie di plastica perché dicono che ha un sapore diverso”. In alta stagione arrivano ogni giorno sull’isola varie navi cisterna cariche di questa preziosa risorsa. I romani erano molto più avanti.

“Tutto quello che arriva via mare è caro”, spiega Schlutz, che compra uova e verdura, a volte anche qualche coniglio, dai piccoli produttori locali. Per il resto, a farla da padrone in cucina è il pesce. I pescatori escono in mare con le loro piccole imbarcazioni e al mattino vendono i loro prodotti al porto. “Sono tornati i tonni e i pesci spada”, spiega Holger Stauß, che fa da guida agli escursionisti tedeschi. Sembra che le misure prese per salvaguardare i pesci siano efficaci.

Case affacciate sul porto di Ponza, 28 agosto 2019 (Martina Pellecchia, Alamy)

Arcobaleno sul mare

I sentieri non sono impegnativi. Quasi sempre si cammina con vista sul mare e sulle calette, spesso raggiungibili solo in barca. Chi non teme una piccola discesa può arrivare alla spiaggia di sabbia di cala Feola, dove ci sono bar e si possono noleggiare delle barche. Da lì, se il mare è calmo, si può arrivare via terra a una caletta vicina con una piscina naturale. Lungo i sentieri le indicazioni sono rare, ma nei sette chilometri quadri dell’isola è difficile perdersi. Se si sceglie il sentiero che porta a punta d’Incenso si può fare tappa nella cantina di una piccola azienda vinicola a conduzione familiare. Il vino prodotto a Ponza è poco e lo bevono soprattutto le persone del posto. Ci si può sedere nella vigna dell’azienda vinicola e assaggiare il rosso, il bianco e lo spumante, accompagnati da vassoi di crostini serviti dalla padrona di casa. E se si esagera si può sempre tornare a casa in autobus.

Da Ponza partono barche per le altre isole dell’arcipelago. Durante l’escursione sono previste soste per fare il bagno e si possono ammirare le grotte e le antiche vasche usate per allevare le murene. I romani apprezzavano molto la carne di questo pesce. In seguito i pirati hanno scavato nel tufo caverne da usare come covi. Oggi i pescatori ci mettono le barche. Leggero e poroso, il tufo è chiaro, marmorizzato dallo zolfo giallo, a volte rosso per via dell’ossido di ferro. La pietra dimostra l’origine vulcanica dell’arcipelago, anche se l’ultima attività risale a novecentomila anni fa. Qui non ci sono fumarole o eruzioni, come a Stromboli, nelle isole Eolie. Il mare va da un azzurro accecante a un blu scurissimo. Quando cambia il tempo anche il colore dell’acqua muta. Al mattino soffia il levante, un vento proveniente da est, di sera il ponentino, da ovest. Nel caso in cui il ponentino soffi di mattina bisogna fare attenzione, dicono i pescatori, perché diventa ponente e, soprattutto in autunno, può dar vita a una tempesta, che causa un gran mal di testa a molti abitanti del posto. Un po’ come il föhn nelle regioni prealpine.

Chi visita l’isola a fine stagione, per esempio in ottobre, deve ricordarsi di mettere sempre una giacca impermeabile nello zaino: in pochi minuti una tempesta autunnale può scatenare dei piccoli torrenti in piena lungo le scalinate di pietra del paese. Poi nell’aria si può sentire il profumo della macchia mediterranea e sopra il mare si può ammirare un arcobaleno meraviglioso.

Alcuni studiosi sono convinti che Ponza sia l’isola di Eea, dove viveva la maga Circe dell’Odissea di Omero. Circe aveva già trasformato in porci alcuni compagni di Odisseo quando l’eroe ricevette dal dio Ermes un’erba capace di spezzarne l’incantesimo. Ma non riuscì a fare nulla contro le arti seduttive della maga: Odisseo e i suoi compagni rimasero con lei per un anno intero. Al di là del mito, quel che è certo è che queste isole hanno una lunga storia di luoghi di confino. I romani le usavano per liberarsi delle mogli indesiderate e delle figlie ribelli. Nel 537 anche papa Silverio, caduto in disgrazia, venne confinato dal suo successore Vigilio nell’arcipelago, dove morì. Oggi Silverio è il santo patrono di Ponza.

Nel 1797 i Borbone costruirono un carcere sull’isolotto di Santo Stefano, accanto a Ventotene. Tra i detenuti ci fu anche Gaetano Bresci, che uccise re Umberto I. Fu imprigionato qui anche il brigante Carmine Crocco, noto come Donatello, che combatté con Giuseppe Garibaldi.

Durante il fascismo Benito Mussolini ci spedì una serie di detenuti politici: socialisti, comunisti e giornalisti. Tra loro c’era anche Sandro Pertini, futuro presidente della repubblica italiana. Nel 1965 il carcere è stato chiuso e ora l’isola, che è disabitata, è visitata solo dai turisti. Che si tratti di Santo Stefano o di Ponza, chi abita qui conosce il passato recente e non certo glorioso di questi luoghi. Sui muri e sulle case ci sono cartelli e fotografie che ricordano il periodo fascista.

Per fortuna oggi le persone possono andare e venire come vogliono. E c’è anche chi cede alla magia di Ponza e si ferma qui per sempre. ◆sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati