A ottobre Giorgia Meloni, la prima donna italiana nominata presidente del consiglio, ha annunciato sui social network che intendeva interrompere il rapporto con il suo compagno. Per giorni gli italiani hanno parlato unicamente dei fuori onda audio e video in cui Andrea Giambruno, un conduttore televisivo che ha anche una figlia con Meloni, parlava con alcune colleghe dei suoi rapporti sessuali a tre e a quattro e faceva evidenti tentativi d’approccio. La pubblicazione dei fuori onda è stata una mossa politica, come ha insinuato Meloni? Il post che lei ha pubblicato l’ha umanizzata, facendola apparire come una donna qualunque, o ha rafforzato la sua fama di persona dura e pragmatica? La separazione è stata un male o un bene per la sua carriera politica?

C’è stata però molta meno attenzione al comportamento di Giambruno, che il dibattito pubblico ha dato per scontato, come parte della cultura sessista e delle molestie che in Italia affliggono le donne in tanti luoghi di lavoro. Il datore di lavoro di Giambruno, Mediaset, che appartiene alla famiglia Berlusconi, ha accettato la decisione del giornalista di autosospendersi, mantenendo lo stipendio, per poi farlo rientrare nel programma, lontano dalle telecamere.

Fare i conti con il patriarcato

Nella terra dimenticata dal #MeToo, le femministe, e non solo, speravano che Meloni sfruttasse questa rara occasione per fare i conti con il patriarcato e il tradizionalismo cattolico, l’edonismo di Berlusconi e l’incapacità dei governi di permettere a un numero maggiore di donne di entrare ed eccellere nel mondo del lavoro. Invece non ha detto nulla. Per alcuni è stata una delusione, in un paese dove ci sono ancora datori di lavoro che spesso si vedono, e sono visti, come dei benefattori anche se considerano le donne come oggetti per divertirsi o con cui avere un flirt.

Le donne di varie professioni affermano che in Italia le molestie sul posto di lavoro sono la norma. A ottobre il settimanale l’Espresso ha pubblicato un articolo sul fenomeno nel settore pubblicitario. E secondo un’indagine della commissione pari opportunità e della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), l’85 per cento delle giornaliste ha denunciato di aver subìto una qualche forma di molestia nel corso della carriera.

Tatiana Biagioni, presidente dell’Agi (Avvocati giuslavoristi italiani), si occupa da anni di casi di discriminazione e molestie sul lavoro, e definisce le rivelazioni sul comportamento di Giambruno una “triste occasione per parlare di ciò che normalmente succede sul posto di lavoro, perché non è un caso isolato, ma una realtà conclamata. Un fiume sotterraneo che rende tossico il mondo del lavoro”.

In Italia il tasso di occupazione femminile – poco più del 50 per cento – è il più basso dell’Unione europea e dei paesi del G7. L’assenza di lavoratrici salariate è un freno per l’economia e contribuisce al crollo del tasso di natalità. Uno studio della Banca d’Italia afferma che se lavorasse solo il 10 per cento in più delle donne, il pil del paese potrebbe crescere di circa un altro 10 per cento. “Oggi la vera emergenza italiana non è la natalità, la natalità è la conseguenza della bassa occupazione femminile e dello scarso sviluppo delle politiche sociali”, ha detto Linda Laura Sabbadini, dirigente dell’Istat. Le donne sono difficilmente ai vertici delle grandi aziende o delle grandi testate giornalistiche. Sono meno del 25 per cento dei docenti universitari italiani. Meno del 5 per cento delle strade o delle piazze italiane è intitolato a una donna, e per metà si tratta di sante o della Vergine Maria.

Rimasta in silenzio

Secondo alcune femministe, la responsabilità di Meloni nei confronti delle donne è ineludibile, visto che ricopre la più alta carica del governo italiano e che ha rotto pubblicamente con un uomo che faceva tentativi di approccio grossolani sul posto di lavoro. “Sta diventando la prima femminista italiana senza volerlo”, dice Riccarda Zezza, scrittrice e imprenditrice specializzata in problemi femminili sul posto di lavoro. Elly Schlein, la prima segretaria del Partito democratico, ha dichiarato che spetta a Meloni affrontare la questione: “Non ce ne facciamo niente di una premier donna che non si batta per migliorare la condizione di vita di tutte le altre donne di questo paese”.

Le molestie sono un fiume sotterraneo che rende tossico il mondo del lavoro

Anche Meloni aveva riconosciuto questa responsabilità. Nel discorso in parlamento per ottenere la fiducia aveva raccontato come la necessità di rompere il “pesante tetto di cristallo” l’avesse spinta a pensare alla “responsabilità che ho di fronte alle tante donne che in questo momento affrontano difficoltà grandi e ingiuste per affermare il proprio talento o il diritto di vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani”.

Meloni è immersa in una cultura di estrema destra che ha sempre esaltato le donne come madri e si è opposta alle quote per aumentare la rappresentanza femminile nelle aziende e in politica. Lei attribuisce il suo successo al duro impegno personale e non ai progressi ottenuti dai movimenti femminili organizzati. “Ho sempre pensato che non esistano politiche femminili”, ha detto in un discorso nella Sala delle donne, alla camera dei deputati. Quindi non sorprende che di fronte a un problema denunciato da decenni abbia definito quella con Giambruno una questione personale e sia rimasta in silenzio.

“Non c’è nulla nella sua dichiarazione che dica ‘sono solidale con le donne molestate sul lavoro, e non giustifico questo tipo di comportamento’”, dice Giulia Blasi, scrittrice che si occupa di questioni femministe.

Secondo Silvia Grilli, direttrice della rivista Grazia, che ha dedicato un numero e ha prodotto un cortometraggio sulle molestie subite da un’attrice italiana, il caso di Giambruno è servito a ricordare quanto sia diffuso questo comportamento, che ha a che fare con il potere e con il sesso. “Non credo che ci fosse l’intenzione di avviare una relazione” con la donna con cui Giambruno stava parlando, dice. “Era solo per metterla dove secondo lui era il suo posto”.

Laura Ferrato, portavoce di Mediaset, ha detto di aver indagato a fondo sulla vicenda e di aver parlato con “tutte le persone coinvolte nelle dichiarazioni fuori onda” e con “chiunque abbia avuto contatti con lui in ufficio, negli studi televisivi e negli uffici di Mediaset. Al termine dell’indagine, e dopo essersi scusato, Giambruno ha ripreso il suo lavoro”. Giambruno, che non ha rilasciato dichiarazioni, non ha risposto alla nostra richiesta di un commento.

Storici ed economisti studiano da tempo l’arretratezza dell’Italia nella questione femminile. Il fatto che in Italia ci sia la Santa Sede ha il suo peso: “La cultura e la filosofia cattolica sono certamente elementi che inibiscono l’indipendenza delle donne in questo paese a livello individuale e collettivo”, dice Renato Fontana, docente di sociologia dell’università Sapienza di Roma.

Negli anni settanta le femministe italiane ottennero alcuni progressi, sull’onda della conquista dei diritti delle donne in tutto l’occidente. Il divorzio e l’aborto diventarono legali. I salari un po’ più equi. Una legge del 1971 ha imposto gli asili nido pubblici, che erano considerati fondamentali per il buon proseguimento della carriera scolastica. Eppure nel 1977 l’Italia aveva un tasso di occupazione femminile solo del 33 per cento, e il tasso di natalità era in calo. Negli anni ottanta, quando il debito del paese è aumentato a dismisura, i politici hanno scelto di tagliare i servizi sociali che avrebbero aiutato le donne a restare nel mondo del lavoro, lasciandole a prendersi cura dei bambini e degli anziani in casa. Una politica che si adattava alla visione profondamente tradizionale della famiglia dei partiti di estrema destra come quelli in cui è cresciuta Meloni.

“Siamo partiti dall’idea che il posto delle donne è in famiglia”, dice Zezza. “E non l’abbiamo più abbandonata”.

Negli anni ottanta la visione culturale di Berlusconi si è diffusa in tutta Italia. Il suo impero televisivo ha inondato i teleschermi di versioni poco vestite del suo ideale femminile. Le donne, incoraggiate dai progressi degli anni settanta, sentivano di aver perso decenni di conquiste. “Era come se Berlusconi avesse trasformato tutto in una sorta di scherzo”, racconta la scrittrice e imprenditrice Francesca Cavallo. Anche il programma che ha messo in luce il cattivo comportamento di Giambruno – in cui due ragazze ballano sulla scrivania di un giornalista – è andato in onda su una rete della famiglia Berlusconi, sottolinea. È stato un altro paradosso a rivelare “gli aspetti grotteschi che rendono il nostro paese difficile da capire”. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati