L’annuncio potrebbe recitare così: “Paese senza sbocco sul mare cerca tratto di costa da affittare o comprare, ma non in contanti; acquirente motivato disposto a fare concessioni”. Si può pensare che gli accordi territoriali appartengano al passato, ma non è così. Il 1 gennaio 2024 l’Etiopia, il paese senza accesso al mare più popoloso del mondo, ha firmato un’intesa preliminare per affittare venti chilometri di costa del vicino Somaliland per cinquant’anni. Il problema? Tanto per cominciare, il Somaliland è una repubblica secessionista, non riconosciuta al livello internazionale. La Somalia, il proprietario di quelle terre riconosciuto dalle Nazioni Unite, sostiene che l’accordo è illegale. Poi c’è la questione dei soldi: l’Etiopia, paese in cui cova una nuova guerra civile, è povera e nei giorni di Natale non è riuscita a pagare gli interessi dovuti ai creditori internazionali. Così, invece dei contanti, offre una quota della compagnia aerea statale e, in omaggio, il riconoscimento ufficiale dell’indipendenza del Somaliland, cosa che creerebbe nuove tensioni nel Corno d’Africa.

La regione è già teatro di diversi conflitti, oltre che di una recrudescenza della pirateria nel mar Rosso e nel golfo di Aden. A oggi solo Taiwan riconosce il Somaliland come nazione. In Africa l’ultimo esperimento per creare un nuovo stato indipendente (il Sud Sudan nel 2011) non ha funzionato come previsto e il paese è presto sprofondato nella guerra civile.

Poco da scherzare

La divisione della Somalia in due (o in tre, visto che un’altra regione somala, il Puntland, potrebbe seguire l’esempio) rischia di creare nuovi stati falliti in una regione vitale per l’accesso al mar Rosso. Per questo l’accordo tra Etiopia e Somaliland non va considerato semplicemente una bizzarria della storia, ma una possibile fonte di problemi in un punto nevralgico per il commercio globale.

La storia delle relazioni internazionali è piena di esempi di paesi che comprano o affittano terre da altri. Gli accordi più recenti risalgono al 1958 e al 1963. Nel primo caso il Pakistan acquistò la città portuale di Gwadar, che fino a quel momento era un’enclave controllata dall’Oman. Nel secondo la Germania ricomprò dai Paesi Bassi tre città che aveva perso alla fine della seconda guerra mondiale. Poi questo mercato sembrava essersi esaurito. A modificare i confini internazionali sono stati soprattutto i conflitti: per esempio, l’Etiopia perse l’accesso al mare nel 1993, dopo la guerra d’indipendenza dell’Eritrea. Ma è anche vero che nel 2017 l’Egitto ha negoziato la cessione all’Arabia Saudita di due isole nel mar Rosso, Tiran e Sanafir. Riyadh ha inoltre accettato di fornire aiuti finanziari e petroliferi al Cairo. Da allora l’Egitto continua a chiederne altri.

Naturalmente bisogna essere in due per trattare, e spesso il compratore non riesce a trovare qualcuno disposto a vendere (soprattutto se pensa di possedere già la terra, come nel caso del Venezuela che rivendica una parte della Guyana). Allo stesso modo è impensabile che l’Ucraina affitti le sue terre alla Russia o che Mosca si offra di pagarle. ◆ adg

Da sapere
La risposta della Somalia

◆ L’Etiopia ha svolto l’8 gennaio 2024 dei colloqui di collaborazione militare con il Somaliland. Lo stesso giorno il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud era in visita in Eritrea, in cerca di alleati per bloccare l’accordo del 1 gennaio sulla cessione del porto di Berbera agli etiopi. Mogadiscio, che denuncia una violazione della sovranità somala, ha approvato una legge che annulla l’intesa. The East African


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Questo articolo è uscito sul numero 1545 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati