Il parco nazionale Soberanía, che costeggia il canale di Panamá, è verdeggiante. Sottili cascate scorrono lungo le rocce. Guardandolo, è difficile credere che il paese centroamericano stia attraversando una siccità senza precedenti. “L’acqua dovrebbe arrivare alla linea gialla, mancano più di due metri”, dice con un sospiro l’ingegnere Nelson Guerra indicando la parete della chiusa di Pedro Miguel, a una decina di chilometri dall’ingresso del canale sull’oceano Pacifico. Normalmente piove per otto mesi all’anno, da maggio a dicembre. Ma quest’anno le piogge sono arrivate tardi e rimangono scarse. A differenza del canale di Suez, che è al livello dei due mari e quindi non può prosciugarsi, quello di Panamá comprende il lago artificiale Gatún, 26 metri sopra il livello del mare, che si riempie d’acqua dolce.

Per far fronte alla carenza d’acqua le autorità nazionali hanno limitato il transito da quaranta a 32 navi al giorno e diminuito il pescaggio autorizzato da 15 a 13 metri. Oggi meno navi possono attraversare la via d’acqua, lunga 80 chilometri, che collega l’oceano Pacifico all’Atlantico e quelle che lo fanno portano anche un carico minore. Le misure, annunciate alla fine di luglio, dovrebbero durare un anno. “Lo scopo è mantenere la fiducia dei nostri clienti, consentendogli di pianificare meglio le loro operazioni”, si legge nel comunicato dell’Autorità del canale di Panamá (Acp), l’azienda pubblica autonoma che gestisce l’idrovia. “La decisione è stata presa in vista di un 2024 che si annuncia molto secco”, ha sottolineato Ilya Espino de Marotta, viceamministratrice dell’Acp. “Se da qui a dicembre pioverà abbastanza le misure saranno sospese”. L’Acp cerca di essere rassicurante, ma le compagnie di navigazione, i loro clienti, gli esperti e i governi s’interrogano sull’impatto economico di queste restrizioni al traffico marittimo. Sono una minaccia per gli affari del periodo natalizio e l’inflazione in tutto il mondo. “Siamo in alta stagione”, dice Víctor Vial, vicepresidente finanziario dell’Acp. “In questo periodo di solito passano i carichi per le feste di fine anno”.

Nel 2022 circa 518 milioni di tonnellate di merci sono transitate sulla rotta interoceanica, più del 5 per cento del commercio marittimo mondiale. Il canale si vanta di connettere “180 rotte marittime tra 1.920 porti di 170 paesi”. Lo attraversano più di quattordicimila navi all’anno. Le due grandi rotte commerciali che dipendono da Panamá sono quelle che vanno dall’Asia alla costa orientale degli Stati Uniti, e dalla costa occidentale dell’America Latina a quella orientale degli Stati Uniti. I flussi di merci maggiori sono statunitensi e cinesi.

Il lago Gatún, che si estende su più di quattrocento chilometri quadrati, è alimentato dal fiume Chagres e da corsi d’acqua secondari. Un secondo lago artificiale, l’Alajuela, serve da bacino idrico di riserva. Un sistema di chiuse permette di sollevare le navi all’altezza del lago e farle scendere dall’altro lato. La prima serie di chiuse risale al 1914; dal 2016 una terza serie permette di ospitare le navi molto grandi, che non esistevano cent’anni fa.

A settembre le foto dal satellite delle decine di navi parcheggiate nel blu dei due oceani ha alimentato la preoccupazione generale. Il mese prima il numero di navi ferme che aspettavano di passare era arrivato a 163, un record assoluto. L’attesa è salita a ventuno giorni, contro i quattro dei tempi normali. “Ci sono sempre state navi in sosta da una parte e dall’altra del canale”, dice Vial. “Alcune arrivano prima della data prenotata, altre fanno scalo per fare rifornimento di viveri e carburante o perché hanno bisogno di qualche riparazione”. Vial è preoccupato dai discorsi “inutilmente allarmisti”, anche se il 15 settembre le navi in rada erano 122, alcune da più di dieci giorni.

Una guida spiega il funzionamento del canale ai turisti che ammirano le gigantesche chiuse di Miraflores, vicino alla capitale, sulla costa pacifica. “Le porte dell’ultima chiusa si aprono, la nave accelera e lascia il sistema del canale”, dice la voce al microfono. “La sua traversata è durata una decina di ore. Se avesse aggirato il continente sudamericano, la stessa nave avrebbe impiegato tre o quattro settimane in più”. Pausa. Poi di nuovo: “Con lei, duecento milioni di litri d’acqua dolce se ne vanno nell’oceano”.

Risparmio idrico

Per l’Acp, che gestisce le acque del lago Gatún, la sfida è duplice: “Dobbiamo fornire acqua al canale e acqua potabile alla popolazione”, spiega l’ingegnere Ayax Murillo, capo dell’ufficio di meteorologia e idrografia. Dal lago Gatún dipendono i 2,2 milioni di abitanti della capitale, cioè metà della popolazione del paese.

“La stampa internazionale dimentica che la siccità è prima di tutto un problema locale”, aggiunge l’economista Felipe Chapman. “Panamá ha bisogno di acqua per bere e irrigare i campi, alimentare il bestiame, produrre elettricità e far funzionare la sua economia. Ma ha bisogno anche del canale”, che rappresenta circa il 10 per cento delle entrate dello stato e il 6,2 per cento del pil. “Considerando tutte le attività legate indirettamente al canale questa cifra può salire al 20 per cento”, dice Chapman.

La pressione demografica è forte in questo paese di 175mila chilometri quadrati, la cui popolazione è raddoppiata in meno di quarant’anni. “Nel 1930, quando fu costruita la diga dell’Alajuela per rafforzare l’approvvigionamento idrico del lago Gatún, a Panamá vivevano 400mila persone”, ha spiegato Jorge Quijano, ex amministratore del canale. “Servono dei lavori per affrontare la crescita esponenziale del consumo di acqua”.

“Panamá ha delle risorse idriche enormi. Ma non dove ne abbiamo bisogno”, dice Murillo. Dietro di lui uno schermo gigante mostra in tempo reale il livello dei laghi Gatún e Alajuela. “Il livello di riempimento a ventiquattro metri nel Gatún non si era mai visto in questo periodo dell’anno”, osserva. “Dovrebbe essere a più di 26 metri e raggiungere i 27 a dicembre, quando arriverà la stagione secca”. La siccità è il risultato della concomitanza tra il fenomeno climatico del Niño e il riscaldamento globale.

“Da gennaio i nostri esperti hanno riscontrato delle temperature anomale sulla superficie dei due oceani”, continua l’ingegnere. “Abbiamo subito adottato delle misure per il risparmio idrico”. Con un limite però: se il recupero dell’acqua delle chiuse nei bacini adiacenti e il loro riutilizzo consentono di risparmiare un quarto dell’acqua dolce usata per il canale, questo accelera la salinizzazione dell’acqua del lago Gatún.

“Non avevo mai visto il fiume così”, afferma Larengis Mercado, che vende noci di cocco lungo la strada tra Panamá e Colón, sulla costa caraibica. Le erbe selvatiche hanno invaso gli argini prosciugati del fiume, alcuni ciuffi di verde emergono qua e là nella poca acqua che resta. “È colpa degli esseri umani”, dice urlando una persona che passa in bici. “Per riempire le dighe prima della stagione secca, che comincia a dicembre, ci vorrebbero dei nubifragi tropicali. Ma sono sempre catastrofici per la popolazione”, dice Murillo.

“Paradossalmente, i risultati finanziari del canale sono stati eccellenti quest’anno”, afferma Vial. Le previsioni parlano di 4,6 miliardi di dollari nel 2023 (circa quattro miliardi di euro) – cioè il 10,2 per cento in più rispetto al 2022 – il che dovrebbe consentire all’Acp di versare all’amministrazione fiscale di Panamá circa due miliardi e mezzo di dollari. Ad agosto l’Acp stimava che senza questi problemi avrebbe guadagnato 200 milioni di dollari in più. Le compagnie di navigazione temono di pagare il prezzo più alto.

“Per far fronte alla riduzione del pescaggio ed evitare un’interruzione delle catene logistiche abbiamo mobilitato più navi”, spiega António Domínguez, presidente per l’America Latina e i Caraibi dell’azienda danese Maersk. È la seconda compagnia di trasporto marittimo al mondo, la principale utilizzatrice del canale e ha più di cinquecento portacontainer. “Solo l’esercito degli Stati Uniti ha più navi di noi”, dice Domínguez. Ma non tutte le compagnie hanno il margine di manovra della Maersk. L’azienda, che si dice preoccupata dalla crisi climatica e spera in “una solida regolamentazione per tutti gli attori del trasporto marittimo”, ha inaugurato il 14 settembre a Copenaghen la prima nave al mondo alimentata a biometanolo. Le portacontainer possono prenotare e pagare in anticipo il loro diritto di passaggio alla tariffa fissata dal canale. Le operazioni delle navi portarinfuse, dei trasportatori di gas naturale liquido o di petrolio liquefatto sono più incerte: queste imbarcazioni arrivano senza prenotazione e devono aspettare il loro turno in ordine di arrivo, oppure comprare uno dei diritti di passaggio messi all’asta. Alla fine di agosto una compagnia di navigazione ha pagato 2,8 milioni di dollari affinché la sua nave potesse attraversare il canale. “Una tariffa inusuale”, precisa Vial. “Non siamo noi a fissare i prezzi, ma il mercato. E l’urgenza”. Per una grossa nave aspettare o fare il giro del continente sudamericano significa un costo di milioni di dollari.

Pochi benefici

I conquistatori spagnoli sognavano di aprire un passaggio nell’istmo fin dall’inizio del cinquecento. Ma bisognò aspettare le macchine e le tecniche dell’ottocento per realizzare il progetto. All’epoca Panamá era una provincia della Colombia e Bogotá si rivolse alla Francia, che nel 1869 aveva appena concluso con successo il canale di Suez. L’ingegnere Ferdinand de Lesseps progettò un canale al livello del mare. I lavori cominciarono nel 1880.

“Ma Panamá non è un deserto”, ricorda il breve filmato presentato ai turisti.

La roccia della montagna, le inondazioni del fiume Chagres, la giungla e le montagne fecero naufragare le ambizioni francesi. Migliaia di operai morirono per la malaria e la febbre gialla. Per ridurre i lavori di scavo, nel 1887 Lesseps accettò finalmente l’idea di un canale a chiuse. Gustave Eiffel ne realizzò le porte. Ma la Compagnia universale interoceanica fu travolta dagli scandali e fallì.

Il canale occupa un posto importante nell’immaginario nazionale

Nel 1902 i francesi rivendettero per 40 milioni di dollari i diritti e le loro proprietà agli statunitensi che, prima di riprendere i lavori, debellarono le zanzare e incitarono segretamente Panamá a separarsi dalla Colombia. Tre giorni dopo la proclamazione dell’indipendenza il piccolo stato centroamericano concesse al suo potente vicino del nord una zona sovrana esclusiva di sedici chilometri da una parte e dall’altra della via d’acqua. Il canale fu inaugurato nell’agosto del 1914, quando la prima guerra mondiale era appena cominciata. Sarebbe rimasto in mano agli Stati Uniti per 75 anni. “Per tutto il novecento la lotta contro l’enclave statunitense ha forgiato lo spirito nazionale panamense”, dice Harry Brown, ricercatore del Centro internazionale di studi politici e sociali. Fu il presidente democratico Jimmy Carter, in cerca di prestigio internazionale dopo il fallimento della guerra in Vietnam, a restituire la zona esclusiva. Nel 1977 i trattati Torrijos-Carter, dal nome del presidente panamense Omar Torrijos, stabilirono il progressivo trasferimento del canale e la futura neutralità. Il 31 dicembre 1999 il canale diventò panamense.

Alcuni si auguravano che la piccola e fragile Panamá, corrotta come i suoi vicini, non riuscisse a gestire quel mostro di ingegneria che è il canale. “I più pessimisti dicevano che nel giro di qualche anno il lago Gatún sarebbe diventato una pozza per maiali”, ricorda Abraham Teran, un pensionato, contemplando la gigantesca portacontainer bianca che i rimorchiatori accompagnano verso la prima chiusa.

“La navigazione non si è mai interrotta e non abbiamo mai avuto incidenti gravi”, afferma l’ingegnere Nelson Guerra. Per attraversare il canale le navi passano sotto il controllo di un pilota e issano bandiera panamense. “Le operazioni sono più complicate che in un canale a livello”, prosegue Guerra. Le imbarcazioni dette ­“Neo-Panamax”, che passano nelle nuove chiuse, possono misurare 365 metri di lunghezza e trasportare più di 12mila container. A volte questi mostri marini hanno poche decine di centimetri di margine per entrare nel sistema di chiuse.

Lungo il canale gli edifici lasciati dagli statunitensi sono mantenuti con cura e i prati tagliati alla perfezione. “Il canale occupa un posto importante nell’immaginario nazionale”, dice Brown. “E la sua gestione è oggetto di un certo consenso”. Certo, c’è chi dice che l’Acp avrebbe dovuto avviare prima i lavori per garantire l’approvvigionamento idrico del lago Gatún. I sindacati denunciano regolarmente nepotismo e illeciti nell’ente. Ma in quasi venticinque anni nessun grande scandalo di corruzione ha macchiato l’azienda pubblica, un fatto raro in America Latina.

Ad agosto l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è tornato a criticare la restituzione del canale a Panamá nel 1999, affermando che ormai è “controllato dalla Cina”.

“Trump si sbaglia”, ha risposto il presidente panamense Laurentino Cortizo. “Tutto il mondo sa che il canale è ben amministrato”.

“I panamensi sono fieri del loro canale e al tempo stesso sono convinti che non gli porti nessun vantaggio”, sottolinea Brown, ridimensionando di proposito l’entusiasmo. “Il canale non ha mantenuto le sue promesse di sviluppo e benessere per la popolazione, e i problemi di acqua potabile lo dimostrano”.

Nel 2006 i lavori di ampliamento sono stati oggetto di un referendum: il 76 per cento dei votanti si è detto a favore della costruzione del terzo sistema di chiuse. “Gli ambientalisti erano divisi”, ricorda Alida Spadafora, consulente del Centro internazionale per lo sviluppo sostenibile. Oggi gli ambientalisti sono preoccupati dal rinnovo del contratto Cobre Panamá per lo sfruttamento di una miniera di rame a cielo aperto estesa su dodicimila ettari, 120 chilometri a ovest della capitale. Firmato con una filiale dell’azienda canadese First Quantum Minerals, il nuovo contratto dev’essere ancora approvato dal parlamento. “In futuro il progetto potrebbe avere ripercussioni sulle acque del lago Gatún, se le autorità decideranno di ampliare il suo bacino di alimentazione”, conclude Spadafora.

I lavori per potenziare l’approvvigionamento idrico del lago sono allo studio dal 2020. Secondo Chapman, “il fatto che un paese tropicale umido come Panamá abbia problemi idrici la dice lunga sullo stato del clima del pianeta e sull’urgenza di intervenire”. Qualche settimana fa l’amministratore del canale, Ricaurte Vásquez Morales, ha detto in conferenza stampa che le autorità stanno valutando di costruire un nuovo bacino sul fiume Indio, a ovest del canale, e di trasformare il lago Bayano a est in un bacino di riserva.

“Dobbiamo trovare delle soluzioni per poter continuare a essere una tratta di primaria importanza per il commercio internazionale. Se non ci adattiamo, scompariremo”, ha detto Vásquez. Le autorità panamensi e le compagnie di navigazione si rifiutano di parlare di una possibile interruzione delle attività del canale, se la siccità continuerà. ◆ fdl

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1533 di Internazionale, a pagina 62. Compra questo numero | Abbonati