18 agosto 2015 17:18

Il gruppo jihadista Stato islamico ha represso nel sangue un’insurrezione avvenuta a Sirte, nel nord della Libia. Gli abitanti hanno provato a ribellarsi contro i jihadisti che controllano la città e hanno condotto una rivolta armata, ma lo Stato islamico ha assediato un quartiere di Sirte, il distretto tre, per cinque giorni e l’ha bombardato fino al 17 agosto, quando ne ha ripreso il pieno controllo.

L’insurrezione sarebbe stata provocata dall’uccisione da parte dei jihadisti di un imam, Khaled al Ferjani. L’evento ha scatenato la rabbia della tribù Ferjani a cui apparteneva l’imam, che era molto critico nei confronti dei jihadisti.

Secondo alcune testimonianze, nella città si sono verificate numerose atrocità: dodici persone sono state decapitate e crocifisse, secondo la Reuters. Per l’agenzia France-presse, alcuni prigionieri sono stati impiccati sui ponti della città.

Il caos libico

Una milizia locale affiliata allo Stato islamico ha preso il controllo di Sirte da gennaio del 2015, approfittando del caos in cui si trova la Libia dopo le rivolte che hanno portato alla deposizione e alla morte di Muammar Gheddafi, nel 2011. Sirte si trova in una posizione strategica, sulla strada tra Tripoli e Bengasi, ed è la città costiera da cui partono le strade verso i pozzi petroliferi nel deserto. Il percorso è molto usato anche dai trafficanti di esseri umani che portano i migranti dal Sudan alla costa, per affrontare la traversata del Mediterraneo.

Sirte, città natale di Gheddafi, è un terreno molto fertile per i jihadisti. La città è stata bersaglio dei bombardamenti della Nato nel 2011. “Sirte oggi è un mix pericoloso di cittadini arrabbiati e frustrati, ex miliziani di Ansar al sharia, il gruppo di islamisti che controllava la zona in precedenza, e un numero crescente di combattenti stranieri dall’Algeria, Tunisia, Sudan e Yemen”, scrive Rebecca Murray su Vice.

Dal 2011 la Libia è divisa in una guerra tra le diverse fazioni in lotta per il potere e al momento il paese ha due governi e due parlamenti.

Internazionale

Il primo ministro riconosciuto dalla comunità internazionale è Abdullah al Thinni, che ha vinto le elezioni nel 2014 e ha spostato la sede del governo e dell’assemblea costituente ad Al Bayda, e il parlamento a Tobruk, nell’est del paese.

A Tripoli, invece, si riunisce ancora il precedente parlamento, in cui c’è una forte presenza di Fratelli musulmani e che è appoggiato dai miliziani islamici della coalizione Alba libica. Il governo di Tobruk ha scelto come comandante delle forze armate libiche il generale Khalifa Haftar, che nel maggio del 2014 aveva lanciato un’offensiva militare (l’operazione Dignità) contro le milizie islamiche. I negoziati di pace tra i due governi voluti dalle Nazioni Unite sono in stallo.

Sia il governo di Tripoli sia quello di Tobruk hanno provato a bombardare le posizioni dello Stato islamico a Sirte. Il generale Khalifa Haftar ha chiesto ripetutamente l’intervento della comunità internazionale contro i jihadisti in Libia. In risposta alla richiesta dei governi libici è stato convocato un summit della Lega araba.

I governi di Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno diffuso un comunicato comune in cui invitano le fazioni libiche a formare un governo di unità nazionale contro lo Stato islamico. In caso di accordo, secondo il Corriere della Sera, potrebbe esserci un intervento internazionale, guidato dall’Italia. Nel testo congiunto tuttavia si esclude la soluzione militare.

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