20 marzo 2015 08:48

Non si può vincere su tutti i tavoli, come dimostra il fatto che, dopo aver vinto le elezioni israeliane, Benjamin Netanyahu ha perso l’appoggio degli Stati Uniti.

Ma facciamo un passo indietro. Dato per perdente dai sondaggi, il primo ministro uscente ha ribaltato i pronostici dichiarando alla vigilia del voto che non avrebbe mai permesso la nascita di uno stato palestinese. Questa svolta a destra gli ha consentito di regalare al suo partito, il Likud, i voti di molti elettori dei piccoli partiti più a destra rispetto al suo. In questo modo il Likud si è nuovamente affermato come il primo partito israeliano, quello a cui spetta il compito di formare un nuovo governo in cui i partiti religiosi e di estrema destra avranno meno peso del previsto perché la manovra di Netanyahu gli ha fatto perdere molti elettori e seggi.

Il problema è che Netanyahu non poteva ripudiare la soluzione dei due stati senza inimicarsi non solo i palestinesi e i paesi arabi, ma anche l’Europa e gli Stati Uniti. Dopo le elezioni l’Europa ha ricordato con freddezza che la pace passa necessariamente per la creazione di uno stato palestinese, mentre nella giornata di giovedì il portavoce della Casa Bianca ha annunciato che gli Stati Uniti intendono “rivalutare” il loro appoggio diplomatico a Israele.

“Alle Nazioni Unite le decisioni prese dagli Stati Uniti erano basate sull’idea di una soluzione dei due stati, ma ora che il nostro alleato ha dichiarato di non voler più percorrere questa via dovremo rivalutare la nostra posizione, ed è quello che faremo”, ha dichiarato il portavoce.

Questo significa che Israele non potrà contare automaticamente sul veto degli statunitensi al Consiglio di sicurezza quando si ritroverà in difficoltà come accaduto più volte in passato. Lo stato ebraico ha perso un sostegno diplomatico fondamentale, una perdita talmente grave che Netanyahu si è affrettato a smentire le dichiarazioni di lunedì. “Voglio una soluzione dei due stati che sia duratura”, ha dichiarato a Nbc invitando i palestinesi a intraprendere un negoziato “sincero”.

Siamo davanti a una tensione e a un’incertezza che non vedevamo dai tempi della crisi di Suez del 1956, e a questo punto è possibile che Barack Obama metta sul tavolo entro la fine dell’anno un piano di pace che Stati Uniti e Unione europea potrebbero imporre ai palestinesi e agli israeliani. Netanyahu è talmente preoccupato che potrebbe provare a giocare d’anticipo presentando una sua proposta. Staremo a vedere, ma per il momento è evidente che la sua vittoria elettorale è stata tanto eclatante quanto scomoda e precaria.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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