17 giugno 2016 15:20

Da padre gay, come hai spiegato ai tuoi bambini quello che è successo a Orlando?–Miky

La sera della strage al Pulse di Orlando ero in un bar gay di Soho, a Londra. Il giorno dopo sono rimasto sconvolto dalla notizia, eppure non l’ho avvertita in modo più personale degli altri attentati degli ultimi mesi. E questo perché oltre a essere un padre gay, sono un padre che va a cena fuori, che prende molti aerei e che va a tantissimi concerti, e quindi mi sono sentito coinvolto ogni volta che la libertà delle persone è diventata bersaglio del terrorismo.

Stavolta, poi, c’è un ulteriore elemento da tenere presente. Quando mia figlia mi ha chiesto “Papà, cosa è successo a Orlando, qualcuno era arrabbiato con le persone gay?”, io le ho risposto: “No, amore. È successo che qualcuno aveva gravi disturbi psichici e qualcun altro gli ha comunque venduto un’arma per uccidere decine di persone”. Lungi da me negare che si sia trattato di un attentato omofobico. Ma le sparatorie statunitensi sono diventate un triste copione che si ripete, con una persona profondamente disturbata che decide di farla finita nel modo più eclatante e micidiale possibile. Stavolta il pretesto ideologico è stato l’omofobia.

Pochi mesi fa, in una chiesa in South Carolina, è stato il razzismo, altrove l’odio antiabortista o l’antisemitismo. Ma a differenza delle cellule terroristiche che hanno sparso il terrore in Francia e in Belgio, negli Stati Uniti il problema sembra essere prima di tutto il terribile connubio tra disagio mentale e la grande diffusione delle armi da fuoco.

Questa rubrica è stata pubblicata il 17 giugno 2016 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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