17 settembre 2015 16:22

La cosa sorprendente è che, in paesi come questo, persone che dicono di essere di sinistra continuino a dargli credito: il gruppo che governa l’Argentina da dodici anni – formato per lo più da gente della stessa famiglia – adesso che se ne sta andando ha alcuni successi da mostrare; ha anche il triste privilegio di lasciare un paese con dieci o quindici milioni di poveri.

E se qualcuno si indigna davanti alla vaghezza della cifra, dovrebbe prendersela con loro: nessuno sa se la povertà colpisce il 20 o il 30 per cento della popolazione perché da anni il governo peronista ha smesso di misurarla per non doverne ammettere l’esistenza, così come ha smesso di misurare l’inflazione per poterla falsificare.

La cosa sorprendente è che, in paesi come questo, persone che dicono di essere di sinistra non vogliono capire che questo governo che ritengono di sinistra ha reso sempre più fragili i poveri di cui si riempie la bocca.

Elemosine pubbliche

Sostenuto da dieci anni di profitti dovuti ai prezzi straordinari della soia, il peronismo ha suggellato l’emarginazione di milioni di persone che non possono accedere a una sanità decente, a una vera istruzione, a un posto di lavoro dignitoso o alla speranza di averne uno, e che per questo restano dipendenti dalle elemosine dello stato: un sussidio da miseria concesso per non farli morire di fame e perché continuino a dare il loro voto.

La chiamano ridistribuzione, ma è l’esatto contrario: è il miglior modo per preservare le ingiustizie. Il clientelismo è la versione peronista della democrazia, e alle elezioni i voti si scambiano per sacchetti pieni di roba da mangiare.

Il messaggio è eloquente: bambini di quattro anni, attenzione, lo Stato è questa signora

È sorprendente e dovrebbe sorprenderci, ma sappiamo che le ragioni servono a poco. Viviamo in un’epoca di immagini, di simboli. Quelli che per mesi non hanno dato ascolto alle notizie che dicevano che il Mediterraneo si stava riempiendo di cadaveri si sono stracciati le vesti davanti alla foto del cadavere di un bambino; l’hanno visto, si sono commossi e sono successe delle cose: un giorno di questi ci sarebbe da riflettere sull’utilità delle parole in questo strano mondo.

Nel frattempo forse quest’immagine peronista sarà utile per riflettere su questo governo che alcuni difendono. Si trova in una rivista per bambini di quattro anni distribuita dal ministero dello sviluppo sociale guidato da Alicia Kirchner, cognatissima.

Si presenta come un puzzle molto semplice: bisogna unire la parte inferiore a quella superiore di tre immagini. “Risolvi il rompicapo e ricostruisci i disegni per trovare la Famiglia, la Comunità e lo Stato che insieme lavorano per garantire i tuoi diritti”, dicono, usando delle scomode reminiscenze, le istruzioni per i bambini. Ed ecco le immagini: la famiglia è una famiglia classica, nucleare; la comunità è l’edificio (senza persone) di un centro di assistenza sociale; lo stato è Lei.

La caricatura la mostra quasi carina: Cristina Fernández de Kirchner sorride, con i suoi capelli rossi e con addosso la fascia presidenziale per fugare ogni dubbio.

Il messaggio è eloquente: bambini di quattro anni, attenzione, lo Stato è questa signora. Non è l’insieme di un governo, un parlamento, una giustizia, ospedali, scuole, maestre, infermieri, dipendenti pubblici, simboli, storie: no, è lei. L’état, c’est moi è una frase famosa, ma purtroppo fu pronunciata da uno dei re più assolutisti della storia, Luigi XIV di Francia.

Anche in questo disegno per bambini l’identificazione tra stato e leader politico, nella migliore tradizione autoritaria, diventa assoluta.

Mi sorprende (ancora mi sorprende) che persone che dicono di essere di sinistra tollerino cose del genere. A meno che non continuino a credere che essere di sinistra equivalga a promuovere il culto della personalità nel miglior stile di Stalin, Mao, Castro, Kim Il Sung. O che, volendo contrastare i tentativi di lasciarsi alle spalle un certo tipo di stigma per scegliere nuove strade, gli convenga insistere che la sinistra è questo.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

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