13 marzo 2015 17:55

Cenerentola

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Oltre al fascino dell’immortale favola che da secoli condiziona intere generazioni (anche di produttori cinematografici) c’è un altro aspetto che spinge verso Cenerentola di Kenneth Branagh. Ed è il cast prevalentemente britannico, che dimostra la dipendenza di Hollywood (specialmente quella in costume) dal Regno Unito e che stuzzica i fan delle serie tv, visto che nei due ruoli principali, Ella e il principe azzurro, ci sono Lily James, che è nota come la Rose di Downton Abbey, e Richard Madden, che è il compianto Rob Stark di Trono di spade. E se due numi tutelari del cinema britannico come Helena Bonham Carter e Cate Blanchett, rispettivamente nei ruoli della fata e della matrigna, rischiano di rubare la scena ai giovani protagonisti, poco male. Branagh non è certo stato continuo come autore, ma forse la sua declinazione della celebre favola merita di essere quanto meno giudicata.

Foxcatcher

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Il peso massimo della settimana comunque è un altro film: Foxcatcher di Bennett Miller. Dopo aver parlato di baseball (Moneyball), Miller parla di uno sport “minore” come la lotta, e passiamo i primi minuti a constatare come può essere triste e squallida l’esistenza di un atleta che ha appena vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles. Gli anni ottanta silenziosi e spenti che ci propone il regista all’inizio del film già rischiano di mandarci al tappeto. Ma tranquilli, poi arriva un milionario un po’ strambo che vuole portare la lotta, o il wrestling, come lo chiamano negli Usa, ai massimi livelli. E alla tristezza e allo squallore si aggiunge l’elemento inquietante legato al disagio mentale di una persona supericca e perciò libera di fare quello che gli pare, come ordinare per posta un carro armato. La storia è vera e dopo aver visto il film, consiglio un giro su internet per vedere i volti dei veri personaggi coinvolti nella vicenda. Questo anche per rendersi conto dell’altissimo livello del cast. Impressiona Steve Carell, decisamente fuori dal suo solito terreno, commuove Mark Ruffalo, grazie anche al suo sguardo disarmante. Ma la menzione d’onore va a Channing Tatum, che dimostra di essere versatile e comunque magnetico. Anche se il suo personaggio, in molti momenti del film, è più vicino a una scimmia (“Ungrateful ape”, lo apostrofa a un certo punto Steve Carell) che a un essere umano. Insomma il film merita, ma non aspettatevi una passeggiata di salute.

Cloro

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Anche in Cloro, l’opera prima di Lamberto Sanfelice selezionata sia al Sundance sia a Berlino, c’entra lo sport. Jenny è una diciassettenne di Ostia che si allena per gli assoluti italiani di un altro sport minore, che come suggerisce il titolo si svolge in piscina: il nuoto sincronizzato. È una fortuna che lei sia un’atleta. Senza disciplina e capacità di sopportare i sacrifici, probabilmente Jenny non avrebbe reagito così bene a quello che succede a lei e al fratellino di nove anni nella prima mezz’ora del film. Da un momento all’altro si trovano in un nuovo ambiente, poco congeniale e per niente ospitale, quasi ostile (come l’Appennino abruzzese sa essere), isolati in una baita, senza più la madre e con un padre fuori di testa. Jenny sembra voler tirare dritto e arrivare comunque agli assoluti di nuoto sincronizzato, in primavera. Ma l’inverno è tosto e non tutti (e non sempre) possono permettersi di vivere in una favola. Sanfelice firma un buon film, tirato e sincero, anche grazie alla prova della protagonista, Sara Serraiocco.

Blackhat

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Tra le altre uscite Blackhat di Michael Mann (sì proprio lui, quello di Collateral), Ma che bella sorpresa di Alessandro Genovesi e Suite francese di Saul Dibb (dal famoso romanzo).

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