30 marzo 2007 12:30

La paura del terrorismo ha allungato i tempi del check-in per chi vola con le compagnie low cost. I ricchi che viaggiano sui jet privati, invece, s’imbarcano in un baleno.

E se è vero che aumentano le preoccupazioni per l’inquinamento da anidride carbonica provocato dagli aerei, per il riscaldamento globale e per la fine della civiltà, tutto questo non sembra frenare l’espansione del business dei jet privati.

È un problema, perché due passeggeri che volano su un Gulfstream o un Citation (due tra i jet privati più diffusi), bruciano molto più carburante di 150 passeggeri che volano su un Boeing 737 o un Airbus A320, gli aerei usati da molte compagnie low cost.

I ricchi sono sempre più numerosi, e di conseguenza aumentano i viaggi sui jet privati. Secondo Us Elite Traveler, una rivista che si occupa dello “stile di vita di chi viaggia in jet”, durante le vacanze di Natale del 2006 al Jet Center di Vail, in Colorado, c’erano più di 125 jet privati parcheggiati in attesa dei loro passeggeri che sciavano sulle piste di Vail. Ed erano solo quelli in attesa: altri aerei nel frattempo si fermavano per far scendere i loro passeggeri e proseguivano verso altre destinazioni.

Nelle località sciistiche del Colorado sono atterrati tanti di quei piccoli jet che gli aeroporti sono rimasti senza carburante e qualche proprietario ha dovuto affittare un secondo aereo per farsi venire a prendere.

In Europa succede la stessa cosa: per un banchiere londinese passare un fine settimana nella sua villa sulla costa croata è molto più facile se ha un jet privato che lo aspetta all’aeroporto.

Internazionale, numero 686, 30 marzo 2007

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