24 maggio 2019 16:23

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

La Brexit ha avuto un enorme impatto sui rapporti tra la Danimarca e l’Unione europea. Nel giugno 2016, quando il Regno Unito ha scelto di “lasciare” l’Unione, i partiti danesi di estrema destra (ma anche di estrema sinistra) erano d’accordo almeno su un aspetto: volevano un referendum sull’adesione della Danimarca all’Unione, convinti che il paese dovesse seguire l’esempio britannico come aveva già fatto nel 1973 entrando a far parte della Comunità economica europea (Cee).

Ma l’evoluzione caotica della politica britannica ha fatto cambiare idea a molti. Secondo un sondaggio pubblicato ad aprile, in Danimarca la popolarità dell’Unione ha raggiunto i massimi storici. Il 76 per cento dei danesi pensa che l’Unione sia “una buona cosa”, mentre l’85 per cento ritiene “vantaggiosa” l’adesione della Danimarca.

Anche per questo i candidati danesi alle elezioni europee erano molto ottimisti rispetto all’affluenza, e addirittura si chiedevano se fosse possibile battere il record del 60 per cento stabilito nel 2009. Tutto lasciava pensare che sarebbe stato così, anche perché il 65 per cento dei danesi aveva dichiarato che il 26 maggio andrà a votare.

L’ottimismo, però, ha avuto vita breve. Il 7 maggio il primo ministro Lars Løkke Rasmussen ha indetto nuove elezioni legislative per il 5 giugno, una festività nazionale in Danimarca. Inutile dire che le elezioni legislative attirano un’attenzione nettamente maggiore rispetto alle europee. Da allora i candidati al parlamento europeo hanno faticato ad assicurarsi una copertura mediatica.

In ogni caso possiamo identificare tre preoccupazioni prioritarie per i danesi: il cambiamento climatico, l’immigrazione e i paradisi fiscali, problematiche complesse che evidentemente possono essere affrontate solo a livello internazionale.

Il cambiamento climatico è il tema che preoccupa più di ogni altro i danesi

Inoltre in Danimarca c’è la sensazione diffusa che il mondo sia diventato meno sicuro e che sia indispensabile restare uniti. Questo però non significa che i danesi sostengano la richiesta di “Più Europa” avanzata da Emmanuel Macron.
Secondo un sondaggio pubblicato da Epinion il 9 maggio, il cambiamento climatico è il tema che preoccupa più di ogni altro i danesi. Non sorprende che i partiti di sinistra come Enhedslisten (La lista dell’Unità – I rossoverdi) e Alternativet (L’Alternativa) indichino il cambiamento climatico come la loro priorità politica, né che Socialdemokratiet (Socialdemocrazia, primo partito del paese) e Radikale Venstre (Sinistra radicale) mostrino un chiaro interesse per la transizione verso le energie rinnovabili. Sorprende invece che i sostenitori del Partito liberale (Venstre, al governo), circa il 43 per cento, considerino importante la questione climatica.

La galassia dell’estrema destra
Il partito di destra anti immigrati Dansk folkeparti (Df) non parla mai del cambiamento climatico, ma questo significa che non conosce i suoi elettori che per il 38 per cento hanno dichiarato di considerarlo un problema serio. Il 25 maggio, alla vigilia delle elezioni europee in Danimarca, si terrà una “marcia del popolo per il clima” sotto l’hashtag #gørvalgetgrønt (#rendiamoverdileelezioni). Tra gli altri, interverrà anche Greta Thunberg.

L’immigrazione è una grande preoccupazione per i danesi e soprattutto per i politici e gli elettori del Dansk folkeparti. Dalle ultime elezioni europee sono emersi due nuovi partiti di estrema destra ancor più radicali: Nye borgerlige (Nuovi cittadini), guidato da Pernille Vermund, e il partito islamofobo Stram kurs (Linea dura). Vermund ha dichiarato che non voterà alle europee perché nessun partito, nemmeno il Dansk folkeparti, rappresenta la sua visione del mondo.

“Hanno deciso di entrare in un gruppo estremamente socialista”, ha dichiarato Vermund riferendosi al fatto che il Df è entrato nella nuova Alleanza europea dei popoli e delle nazioni, di cui fanno parte il Rassemblement national francese, la Lega italiana, l’Afd tedesco e il Partito dei veri finlandesi. È interessante notare che quando Marine Le Pen aveva corteggiato il Dansk folkeparti, due anni fa, i vertici del partito avevano fatto presente di non voler essere associati con l’estrema destra francese.

I paradisi fiscali rappresentano la terza preoccupazione dei danesi, ma in questo caso il contesto è dominato dai partiti di sinistra.

Per la prima volta nella storia dell’Unione, Enhedslisten si presenta alle elezioni europee. La notizia ha sorpreso molti, considerando che il partito ha sempre mantenuto una posizione antiUe. A quanto pare Enhedslisten ha cambiato opinione dopo un voto di alcuni mesi fa. L’inversione di rotta è dovuta soprattutto al fatto che molti giovani vorrebbero soluzioni al livello europeo per il cambiamento climatico e i paradisi fiscali, due priorità per Enhedslisten.

L’euroscetticismo e l’odio dichiarato per l’Unione europea sono diventati un fenomeno dominante nella destra. Ma non è tutto: i partiti danesi di estrema destra e i nazionalisti hanno fatto un ulteriore passo verso destra. Il populismo ha ormai messo radici in Danimarca. È un fatto di grande importanza, soprattuto in un momento in cui i governi di un numero sempre maggiore di paesi europei sono stati eletti su basi populiste.

A questo punto l’importante sarà capire se l’immenso apprezzamento dei danesi per l’Unione europea si tradurrà in voti il prossimo 26 maggio. Speriamo che sia così.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

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