12 maggio 2014 21:35

Anche se sono già un suo fan, non sono certo che la vittoria all’Eurovision della drag queen austriaca Conchita Wurst sia un grande passo avanti nella lotta per i diritti civili di gay, lesbiche, bisessuali e trans.

Le donne barbute sono state per secoli un’attrazione che le compagnie circensi portavano in giro per l’Europa. E “circo” è una definizione che in qualche modo si addice al carrozzone multilingue (ma ormai sempre più anglofono) dell’Eurovision.

D’altronde nel 2008 la vittoria di Vladimir Luxuria all’Isola dei Famosi non ha certo cambiato l’Italia. Cosa che invece aveva fatto due anni prima la sua elezione al parlamento.

Perché a televotare da casa un personaggio stravagante sono bravi tutti, ma eleggerlo in parlamento, offrirgli un posto di lavoro o anche solo invitarlo a cena è un’altra cosa.

E così se Luxuria è su un’isola deserta riceve migliaia di voti, ma se si azzarda a voler parlare ai ragazzi di un liceo di transessualità e bullismo, allora apriti cielo.

Oltretutto nel 1998 la vincitrice dell’Eurovision era stata la transessuale isrealiana Dana International ma all’epoca, senza il nemico russo che lanciasse una petizione contro di lei come ha fatto quest’anno per Conchita, la sua vittoria era stata molto meno controversa, facendo innervosire solo una manciata di compatrioti ortodossi.

In realtà la grande novità di questa edizione non è stata la barba di Conchita ma i fischi riservati alle gemelle Tolmachevy, le concorrenti omozigoti in gara per la Russia.

Dal 1956, data di nascita dell’Eurovision, è la prima volta che la competizione canora voluta per pacificare l’Europa postbellica ha registrato una chiara reazione di ostilità nei confronti di un paese.

Eppure, mentre alcuni politici russi si affrettano a indicare la vittoria di Conchita Wurst come il segno inesorabile che l’apocalisse europea sia alle porte, le mappe pubblicate sul Guardian dal professor Alan Renwick dipingono una divisione molto meno netta tra ovest progressista ed est reazionario.

Nella mappa qui sotto i paesi che hanno preso parte al concorso sono divisi per colore a seconda del punteggio che hanno assegnato alla concorrente austriaca: si va dal blu di chi le ha dato 12 punti, fino al rosso di chi ne ha dati zero.

Il punteggio assegnato da un paese è la combinazione del televoto popolare e quello di una giuria di esperti. Ma la mappa che prende in considerazione solo il televoto del pubblico, rivela un risultato molto più omogeneo:

Al contrario, la mappa delle votazioni delle giurie indica una divisione decisamente più netta tra est e ovest. E comunque un minor entusiasmo generale nei confronti della vincitrice.

Insomma, come succede ogni anno a Sanremo, il problema sono le giurie di qualità.

Il professor Renwick si augura che l’indice Conchita messo in luce dalle sue carte indichi che le élite di qualità dei paesi dell’est, ovvero i politici, siano molto più conservatori del resto della popolazione. Da italiano non posso che dargli ragione.

Personalmente io invece mi auguro che la prossima vittoria di una donna con la barba non sia su un palcoscenico o in un circo, ma alle elezioni europee di fine mese.

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