01 maggio 2012 09:06

1. Guano Padano, Prairie fire

Con quel nome ti aspetteresti un discorso sulle scorie della politica lombarda, tra caligola del burlesque, pirloni pirelloni e family varie; e invece è ottima musica. Stile John Zorn, quello ascoltabile tra Spillane, colonne sonore (Morricone, ovvio), noir ed exotica da oppiomani. Suono sfizioso, Alessandro Stefana che surfa sul banjo, e nascosti nel doppiofondo di un bagaglio di raffinati strumentisti italiani, sull’album 2 anche la chitarra di lusso di Marc Ribot e i gargarismi chic di Mike Patton. Benissimo per una gara di burlesque diretta da Tarantino.

2. Rigotto, English soup

Cioè la zuppa inglese. Definizione da dizionario del pop: la lingua inglese è “quella che si usa per cantare quando quello che vuoi dire non è il caso di capire”. Brodo messo on the table da Paolo Rigotto, batterista, autore e politeama vivente della Banda Elastica Pellizza. L’uomo bianco, album pubblicato dalla torinista indie-etichetta Controrecords, mette di un buonumore funky/surrealista per nulla scemo; se quest’anno dovete prendere un solo album con in copertina un mappamondo nel cesso, fate che sia questo e affidate allo sciacquone tutto il resto.

3. Maya galattici, Razor bird

“They are smoking imagination / I sell my heart for free”. E questi, che si sono fumati? A parte le liriche zuppainglesi (cfr. canzone precedente), dev’essere roba di qualità: perché questi due italiani nello spazio producono nel Garage Studio di Conegliano Veneto tutto un album (aspè… koff, ecco il titolo: Analogic signals from the sun) di morbidona psichedelia pop, tipo Air di Moon safari. Con il nome che si sono scelti, ai concerti come minimo devono vestire tuniche di lamé e far rotea­re alabarde alla Goldrake; però suonano come miele colato.

Internazionale, numero 946, 26 aprile 2012

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