20 aprile 2016 16:30

Sono una donna eterosessuale sposata di 38 anni. Io e mio marito abbiamo due figli. Stiamo insieme da 12 anni, sposati da sei. Tre anni dopo il matrimonio abbiamo scoperto che lui era sieropositivo. Durante tutta la nostra storia ci siamo fatti ripetuti esami, per semplici controlli e nella trafila seguita per rimanere incinta. All’epoca eravamo entrambi negativi, mentre adesso lo sono solo io. Non sto a dire che se l’è preso perché mi tradiva. Abbiamo affrontato la cosa e siamo rimasti insieme. Poco tempo fa ho visto un messaggio di una donna che gli scriveva: “Chiamami o chiamo io tua moglie”. Le ho detto chi ero, e abbiamo scambiato qualche parola. Le ho chiesto da quanto tempo si vedevano, e lei mi ha detto da gennaio. Della malattia non ho fatto parola. Dopodiché ho messo lui davanti alla cosa, e sostiene che questa sia una pazza stalker. Dice che hanno flirtato per un po’, ma che poi lei è diventata appiccicosa ed è “impazzita”, e non sapeva come dirmelo senza compromettere il nostro rapporto. L’ha bloccata sul telefono e via email.

Mio marito ha una carica virale non individuabile, e usiamo il preservativo. Non ha mai cercato di non usarlo facendo sesso con me. Nello stato in cui viviamo, una persona sieropositiva che non lo dichiara prima di fare sesso rischia fino a cinque anni di prigione. Gliel’ho fatto notare, ma insiste a dire che con lei non ha fatto sesso. Io non gli credo. La settimana scorsa siamo andati da uno psicologo, giusto per un primo incontro. Che lui è sieropositivo non gliel’abbiamo detto. E il problema principale per me è proprio quello: non penso che possiamo risolvere i nostri problemi senza la sincerità. Io ho bisogno che lui tiri fuori tutto e ammetta davanti a me — e allo psicologo — che con quella donna ha fatto sesso. Se lo fa, credo che lo psicologo abbia l’obbligo legale di segnalare il suo comportamento alla polizia. Mi sto muovendo per divorziare, anche se lui questo non lo sa, e se da un lato è ovvio che non voglio farlo arrestare, dall’altro mentire a uno psicologo e non dire tutta la verità mi sembra assurdo.

—Seeking Truth About This Unpleasant Situation

“Da dove cominciare?”, si chiede Peter Staley, leggendario attivista contro l’aids, primo direttore del Treatment action group e storico membro dell’American foundation for aids research. “Lascio a te le questioni di coppia, Dan, ma non è proprio la totale assenza di fiducia l’elemento più tossico di questa storia?”.

Anche a me la mancanza di fiducia tra voi sembra tossica, STATUS, ma siccome tuo marito ti ha tradito, e non per la prima volta, nel tuo caso è una sfiducia comprensibile. Quello che non capisco è il tuo desiderio di vedere tuo marito in prigione. Tu non vuoi la sincerità (di cui lui non sembra capace), non vuoi affrontare i problemi (il vostro matrimonio è finito), vuoi solo che il tuo futuro ex marito marcisca in galera.

Ma non vuoi essere tu a chiamare la polizia — su questa cosa non devono esserci le tue impronte — perciò vorresti costringerlo con l’inganno (e con il mio aiuto!) a dire tutta la verità a uno psicologo che si vedrà costretto a chiamare la polizia.

“Sembra in effetti che STATUS stia progettando la sua vendetta”, dice Staley. “Divorziare, verificare cosa dice il codice penale del suo stato a proposito di hiv, trascinare il marito verso una confessione che potrebbe costargli il carcere”.
E lo strumento della tua vendetta — le leggi che impongono di rivelare la propria sieropositività ai partner sessuali — è ingiusto e irricevibile.

“Personalmente concordo con tutte le organizzazioni sanitarie, compresi l’UNaids e l’organizzazione mondiale della sanità, nel condannare le leggi che criminalizzano l’hiv come quelle citate da STATUS”, prosegue Staley. “I codici penali già prevedono leggi adatte ai casi in cui si verifica una trasmissione consapevole e intenzionale dell’hiv. Creare altre leggi che obblighino a dichiarare la propria condizione, specie se la trasmissione non si verifica, finisce per causare più danni che benefici. Si rafforzano i pregiudizi. Diminuisce il numero di persone che si dichiarano. I partner risentiti usano le leggi per vendicarsi”.

E tu sembri proprio una di loro, STATUS: una partner risentita che vorrebbe usare una legge ingiusta per vendicarsi del futuro ex marito. E benché la tua rabbia sia giustificata (i traditori seriali fanno schifo), non ti dà il diritto di distruggere la vita di tuo marito. Così come non puoi giustificare le tue intenzioni con la scusa del pericolo a cui tuo marito avrebbe esposto l’altra donna. Tuo marito prende i farmaci e la sua carica virale non è individuabile. Questo, di fatto, lo rende non contagioso. Per cui se anche se con questa donna non ha usato il preservativo — e tu nemmeno sai per certo che hanno scopato (mentre lui sarebbe stupido ad ammetterlo) — non l’ha comunque esposta al rischio di contrarre l’hiv.

“Esiste un’ottima organizzazione, la Sero, che si batte contro leggi di questo genere”, dice Staley. “Il loro sito è pieno di storie spaventose di gente sieropositiva che marcisce in galera perché non si sarebbe dichiarata, e questo anche se non c’è stato contagio. Condanne simili non esistono per chi non rivela di avere malattie come l’epatite c, il papillomavirus, la sifilide, l’herpes eccetera, alcune delle quali potenzialmente mortali. Le persone sieropositive vengono prese di mira dai legislatori nel tentativo di proteggere la popolazione dai ‘mostri dell’aids’ creati da tv locali a caccia di spettatori”.

Questo articolo è stato pubblicato su The Stranger.

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