La shiva, la settimana di lutto nell’ebraismo in cui ci si riunisce con parenti e amici, è intrinsecamente imbarazzante. Si piangono parenti appena morti, ma è comunque un’occasione sociale. Tra preghiere e condoglianze, si chiacchiera con persone che non s’incontrano spesso e che in alcuni casi non si vorrebbero proprio incontrare. Shiva baby si svolge quasi tutto, quasi in tempo reale, in una di queste occasioni, ed Emma Seligman s’immerge con gioia nell’imbarazzo. Danielle (Rachel Sennott) si è persa sulla soglia dell’età adulta e non è sicura di quale direzione voglia prendere. Durante la shiva la sua condizione è amplificata dal fatto che tutti offrono consigli e, più o meno consapevolmente, la giudicano. La sua ex è lì e a un certo punto arriva anche il suo amante, più maturo, che lei scopre essere fresco padre di famiglia. Per Danielle, intrappolata in casa da persone e convenzioni, la giornata diventa un incubo. Non autobiografico ma quasi, il film di Seligman suona autentico anche quando gioca con i generi. Nell’occhio del ciclone per tutto il tempo, Sennott è una rivelazione. Insomma Shiva baby è la perfetta dimostrazione di quello che si può fare con un budget ridotto e tanto talento. Alex Godfrey, Empire

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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati