Sarah Hall (Nadav Kander)

Il disastro sprona la creatività di Edith Harkness, la scultrice protagonista del romanzo L’arte di bruciare di Sarah Hall. “Una parte di me ha goduto della crisi, lo ammetto”, dice, ricordando il periodo che ha trascorso in isolamento con il suo amante, Halit, in uno studio simile a una cattedrale mentre una pandemia immaginaria cominciava a devastare un Regno Unito. L’infanzia fiabesca di Harkness l’ha infatti preparata a vivere in condizioni apocalittiche. Quando aveva otto anni, sua madre Naomi, una scrittrice, ha avuto un’emorragia cerebrale che ha scardinato la sua personalità; il padre di Edith le ha presto abbandonate, così madre e figlia si sono rifugiate in un cottage semidiroccato nella natura selvaggia in cui ciascuna era libera di abbracciare la propria stranezza. La morte per loro era un’esperienza più vicina che per altri. Naomi ha un tumore inoperabile che può ritornare in qualsiasi momento. Edith ha la stessa malattia. La vita di Edith e Halit somiglia alla fantasia di un artista: l’isolamento, l’autonomia, una ribellione conquistata a caro prezzo e quindi eroica, pochi obblighi oltre all’arte e alla sopravvivenza, un mondo pulsante di bellezza e significato. Allo stesso modo, gli orrori sociali del Regno Unito del romanzo – il suo razzismo, le lotte violente per le risorse scarse, le persone che muoiono per le malattie o per l’incompetenza del governo – tendono a rimanere sullo sfondo rispetto al regno elementale fatto di montagne, brughiere e cascate, in cui Harkness vive e scolpisce. L’immaginario del romanzo rafforza costantemente l’idea di un’arte forgiata dalle catastrofi. Da giovane Harkness è stata addestrata da un mentore, Shun, nell’arte giapponese dello shou sugi ban, in cui l’autore prepara il suo materiale avvicinandosi il più possibile alla distruzione senza effettivamente compierla. Si applica la fiamma al cedro per rafforzare il legno, preservandone l’integrità ed esaltandone la bellezza. Troppo calore e il legno è rovinato, troppo poco e il legno non raggiunge la condizione giusta. Un romanzo intensamente poetico sulla fragilità umana.
Lidija Haas,
The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati