Stephen King non è nuovo a quel tipo di fantasy in cui dei giovani protagonisti inconsapevoli attraversano un portale e finiscono in altri mondi. L’eroe di Fairy tale ha 17 anni e si chiama Charlie Reade. Atleta di talento, Charlie salva la vita di Howard Bowditch, un eccentrico che vive da solo con il suo vecchio pastore tedesco Radar. Inserendosi nella vita di Bowditch come infermiere e tuttofare, Charlie scopre lentamente che il suo vicino è dipendente non solo dalla solitudine e dai segreti (e, alla fine, dagli antidolorifici), ma anche dai tesori di un luogo chiamato Empis, un regno che visita scendendo “185 gradini di pietra di varie altezze” sotto un capanno nel cortile. Ci vogliono molte pagine perché Charlie entri in quel capanno, ma alla fine arriva a Empis con Radar al suo fianco. Lì trova un regno in difficoltà: la famiglia reale è stata rovesciata da tempo dall’usurpatore Flight Killer, che ha inflitto alla popolazione una misteriosa malattia sfigurante. Tra i malati che Charlie incontra spicca Leah, una principessa spodestata la cui “bellezza da libro di fiabe” è rovinata dalla bocca mancante, “una linea bianca annodata”. Nei romanzi di King tutti i mondi possibili, i suoi e quelli degli altri, sembrano permanentemente interconnessi. Fairy tale è un mash-up intertestuale che attraversa il multiverso e salta i generi. Fortunatamente, è anche un’appassionante avventura a episodi, guidata da incontri memorabili e da un’azione ben congegnata. Matt Bell, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1478 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati