Cosa fare con tutta questa ansia? Questa domanda aleggia nel nuovo romanzo di Charles Baxter, Il collettivo del sole, teso, ironico e commovente. Ambientato a Minneapolis durante il regno di un presidente brutale e banale di nome Thorkelson, è la storia dei pensionati Harold e Alma Brettigan, la cui ricerca del figlio scomparso li conduce al gruppo che dà il titolo al romanzo. I Brettigan vivono in un costante stato di agitazione. Ovunque vadano sembrano incontrare sconosciuti misteriosi e monologanti. Ciò che tormenta i Brettigan e i loro vicini può sembrare un po’ informe e astratto, ma proprio questo è lo scopo di Baxter. La paura degli effetti a cascata innescati da Thorkelson ricorda perfettamente quella degli anni di Trump, anche se i due presidenti non sono del tutto sovrapponibili. Ma il vero dono di Baxter è quello di descrivere le tenere complessità di una relazione. Qui si tratta del post-amore malinconico, a tratti conflittuale, di Harold e Alma, il cui vero problema forse non è l’epoca in cui vivono, ma il tempo, e la loro stessa vecchiaia. Una coppia più giovane, Christina e Ludlow, diventerà lo specchio generazionale dei Brettigan e faciliterà il loro ingresso nel collettivo del sole. Sono anarchici a cui è stato fatto il lavaggio del cervello? Criminali con la mania delle droghe? Hippy? Difficile dirlo. Il collettivo del sole appare confuso. Il misterioso leader parla come un buddista irascibile. La capacità di decifrare le enigmatiche motivazioni di questi giovani ideologi è un’altra delle tante cose che la vecchiaia sta togliendo ai Brettigan, e fa male quanto il resto. Harold si rifà al se stesso che negli anni sessanta protestava contro il Vietnam, ma questa non è la sua battaglia.
Jess Walter, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1489 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati